8 – Il Santo Rosario: catena dolce che ci rannoda a Dio 15/01/2021
Spopola da un po’ di tempo, sul web, la figura del “mental coach”, una sorta di motivatore che lavora sul rafforzamento mentale. La figura è nata principalmente per migliorare le performances degli atleti, ma negli ultimi anni – complice la continua richiesta di un supporto fisico e mentale anche da parte di una grossa fetta della popolazione – questo “nuovo lavoro” sta davvero furoreggiando in Occidente.
Eppure, se si ascoltano i loro “saggi” consigli, il tutto si potrebbe sintetizzare con una buona pratica sportiva, una sana alimentazione e ..udite, udite, la meditazione. Sì, proprio così. Nel mondo moderno, occidentale e industrializzato, ci si basa anche sulla meditazione. E come si potrebbe tradurre tutto ciò? Mi ritornano alla mente le parole di Giovenale, poeta vissuto nel primo secolo dopo Cristo, che nella Satira X scriveva il famosissimo: “mens sana in corpore sano”. Eppure, il testo della Satira non finiva lì, ma continuava con “[…] chiedi un animo forte, che non tema la morte, che ponga la lunghezza della vita come l’ultimo dono di natura, che sappia tollerare qualunque fatica, che ignori collera, non abbia desideri, e preferisca le dure fatiche di Ercole”.
Cosa notate? Che ben 2000 anni prima del mental coach è esistito un Gesù di Nazareth che ha profetizzato “[…] chi vorrà salvare la propria vita, la perderà” (Matteo 16,25) e “Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere” (Luca 21,36). Ebbene, nonostante fior fior di cavalieri, condottieri e imperatori che traevano la forza proprio dalla preghiera, essa è stata bandita dal mondo moderno, sostituita da una più “politically correct” meditazione. Perché svegliarsi e recitare le Lodi Mattutine è meno “cool” di un saluto al sole; perché praticare yoga è più “di tendenza” rispetto alla recita di un Rosario. Eppure, se i mental coach continuano ad evidenziare l’importanza della meditazione un motivo ci sarà e credo che risieda in quel richiamo all’anima, allo spirito, al mondo interiore, che la Chiesa continua a sottolineare da duemila anni. Noi non siamo solo materia e lo sapeva bene il Beato Bartolo Longo, per esempio, che era solito definire il Santo Rosario come “dolce catena che ci rannoda a Dio” e che grazie ad Esso riuscì a lasciare un gruppo spiritista di cui era sacerdote satanista, a guarire da una forte depressione che gli aveva causato anche forti problemi all’apparato digerente, a costruire il Santuario di Pompei, a fondare un periodico, un orfanotrofio femminile, l’ospizio per i figli dei carcerati e…ad essere proclamato Beato.
Il Rosario aiuta la meditazione e come ebbe a dire Giovanni Paolo II nella “Lettera apostolica Novo millennio ineunte”, “c’è oggi anche in Occidente una rinnovata esigenza di meditazione, che trova a volte in altre religioni modalità piuttosto accattivanti. Non mancano i cristiani che, per la poca conoscenza della tradizione contemplativa cristiana, si lasciano allettare da quelle proposte. Esse tuttavia, pur avendo elementi positivi e talvolta integrabili con l’esperienza cristiana, nascondono spesso un fondo ideologico inaccettabile. Il Rosario si pone in questo quadro universale della fenomenologia religiosa”.
In un mondo che per decenni ha messo al bando la preghiera, oggi riscopre la meditazione. Ebbene, noi cristiani torniamo a recitare il Rosario che resta un tesoro da riscoprire, oggi più che mai!
Yuri Buono