1 – L’importanza delle nostre radici 1/10/2020
Che senso ha parlare di radici cristiane in quest’epoca di multiculturalismo e di melting pot moderno? In primis, è importante già solo per il fatto che la loro tutela resta uno degli obiettivi della Fondazione Maria Valtorta; ma, ancor di più, diventa fondamentale proprio per il fatto di vivere in una società dove non esiste più una cultura di riferimento riconosciuta e riconoscibile
È fondamentale, quindi, proprio per scongiurare quanto più possibile lo scontro di civiltà preconizzato – già nel lontano 1996 – da Samuel Philips Huntington, ribadire fortemente chi siamo e da dove veniamo. Sembra assurdo, ma è proprio così! Solo una vera, reale e profonda conoscenza della propria cultura può portare a una sana integrazione; diversamente esiste solo la prevaricazione e la conquista. Nel tempo in cui viviamo, una cultura non viene sopraffatta da un’altra con una conquista militare, bensì culturale. È una breccia che, una volta aperta, farà venire giù tutta l’impalcatura sociale europea, con un crollo simile a quello di un castello di carte al soffio di un alito leggero. Ciò non significa che l’Europa negli ultimi decenni non abbia subito veri e propri attacchi terroristici che – con l’uso della violenza – miravano e mirano a soggiogare una cultura. Tuttavia, ciò che qui mi preme sottolineare, è che oggi tale violenza non si manifesta con il palesarsi reale, coraggioso e riconoscibile del “nemico”, bensì con un attacco subdolo e indiscriminato, che colpisce anche donne e bambini innocenti, rei di avere l’unica grande colpa del nuovo millennio: essere occidentali.
Ecco, quindi, che accanto a questo fenomeno di certo preoccupante, ma ancora limitato ad attacchi sporadici (e mi riferisco all’Occidente, perché dall’altra parte del mondo la situazione cambia radicalmente), si affianca un altro tipo di battaglia (come nella migliore strategia militare che prevede il logoramento delle truppe, attraverso attacchi intensi ma di breve durata o come un pugile che vuole finire il suo avversario colpendolo ai fianchi): quella culturale. È su questo terreno che si gioca il futuro dell’Europa e, dal punto di vista geopolitico, sicuramente possiamo dire che si gioca il futuro del mondo.
Scontro di civiltà o pacifica convivenza? Rispetto e integrazione di tutte le culture, oppure prevaricazione di una a danno di un’altra? E fin dove il laicismo delle istituzioni nazionali e sovranazionali europee può spingersi per annullare (nascondendosi dietro al paravento del rispetto dell’altro) tutto ciò che di cristiano è rimasto in questo continente?
Purtroppo, che piaccia o no agli amanti del politically correct, non è colpa nostra se il tessuto sociale e culturale dell’Europa è impregnato di storie di santi, di conversioni miracolose, di toponomastica evangelica e di nomi cristiani.
Non è colpa nostra se abbazie e monasteri sono stati i primi luoghi disseminati per i vari Stati europei, dove si è costituita la prima vera e reale forma di Comunità; se le Cattedrali sono ferme lì da oltre un millennio come testimonianza fedele di chi dava inizio ai lavori pur essendo certo di non riuscire a vedere l’opera compiuta, ma la portava avanti lo stesso per lasciarla alle generazioni future; se il latino non era solo la lingua di un impero, ma sopravvisse anche alla sua caduta e ancora oggi è il filo con il quale la Chiesa continua a legarsi a Dio quando lo fa in veste sacra e ufficiale.
Ecco, fino a che punto il laicismo imperante potrà nascondere a se stesso tutto ciò? Fino a che punto potrà arrogarsi addirittura il diritto di decidere i limiti entro i quali coloro che hanno creato, difeso e valorizzato questa cultura, possono essere liberi di esprimersi?
Sarà questo il terreno sul quale si giocherà la battaglia più importante, dove non ci saranno le scintille delle armi a illuminare la notte più lunga, né il bagliore dei cannoni a rischiarare il buio delle tenebre che avvolgono il mondo nuovo di Huxley. No! Non ci sarà nulla di tutto questo! Né scintille, né bagliori, ma il fuoco.
Lo stesso fuoco che ha animato i primi discepoli; l’unico fuoco che renderà possibile una nuova Europa. Il fuoco della fede che anima i protagonisti di un toccante dialogo nel libro “La Strada” di Cormac McCarthy.
Figlio: “Ce la caveremo, vero, papà?”
Padre: “Sí. Ce la caveremo”
F: “E non ci succederà niente di male…”
P: “Esatto”.
F: “Perché noi portiamo il fuoco!”.
P: “Sì! Perché noi portiamo il fuoco!”.
Yuri Buono