10 – La Quaresima: il “silenzio” che fa posto a Dio 15/03/2021

Di solito, in questo periodo dell’anno, l’ilarità nei confronti di quei fedeli che si sforzano di rispettare la Quaresima tocca livelli molto alti. Il motivo principale è legato al digiuno che la Chiesa chiede di osservare almeno il mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. Frasi del tipo: “Il Signore ha chiesto misericordia e non sacrificio”“Anche Gesù metteva in guardia da ciò che usciva dalla bocca e non da ciò che entrava”“Ancora con questi divieti assurdi?”, sono le preferite da coloro che proprio non riescono a comprendere i motivi che sono alla base di questo precetto.

O, forse, più semplicemente non lo vogliono capire; giustamente, in un mondo dove tutto è possibile, come si può pensare di “vietare” qualcosa o addirittura di mangiare? Perché l’unica cosa alla quale si pensa è che la Chiesa vieti e, invece, non è così. La Chiesa prova a farci aprire il cuore, a capire che ogni piccola rinuncia che facciamo in Suo nome ci aiuta a diventare meno schiavi di qualcosa e ci rende più liberi. Purtroppo, per comprendere questi concetti non bisogna essere intelligenti – perché sono cose ovvie, che capirebbe chiunque – bensì occorre non avere pregiudizi e riconoscersi creatura.  Non è accettabile che esista chi ci dica cosa fare e cosa non fare, che alla nostra libertà venga posto un argine. Bisogna allenarsi all’umiltà per riuscire a comprendere la portata del messaggio cristiano, cosa non facile per chiunque su questa terra ed è per questo che la Quaresima arriva per ricordarci che Qualcuno è morto per noi; che un paio di volte l’anno vale la pena raccogliersi con se stessi e chiedere un perdono ancor più contrito al Signore. La rinuncia deve essere vista come un “no” al superfluo, perché se tutto si riducesse a non mangiare carne oppure a digiunare con pane e acqua, allora farebbero bene a deriderci. In realtà, il digiuno è qualcosa che inizia nella testa, per poi passare alla bocca e, infine al cuore. Preghiera, digiuno e carità. Sono questi i tre pilastri che fondano tale precetto: la preghiera ci mette in relazione con Dio, il digiuno con noi stessi e la carità non è altro che la forma più alta di relazione con il prossimo. Noi, per completarci, abbiamo bisogno di Dio e del prossimo; non solo, abbiamo bisogno anche di amore per Dio, per noi stessi e per l’altro. Ed ecco che il messaggio cristiano trova compimento: servire con amore e amore come servizio, come gemma più preziosa di un rapporto che si crea e si irrobustisce anche attraverso piccole rinunce. Perché se è vero che la forma è nulla senza sostanza, credo che sia altrettanto vero il contrario: la sostanza per rendere al meglio ha bisogno di una forma. Se queste sono cose che non servono c’è il rischio che pian piano ne serviranno sempre meno e, alla fine, non servirà più nulla.

Ecco perché il digiuno quaresimale non è un precetto fine a se stesso, bensì è un modo per fare silenzio con Dio, con noi stessi e con il mondo. La cosa più bella è che si tratta di un silenzio eloquente, che parla al cuore dell’uomo e gli ricorda che resta fatto di terra, sebbene destinato al cielo e, come tale, bisognoso non di qualsiasi parola, ma della Parola che non passa e che è più importante del pane.

Yuri Buono