San Francesco d’Assisi (1181-1226)


San Francesco d’Assisi è stato sempre molto caro a Maria Valtorta. Come non ricordare il tentativo di consolarla che lui fece durante la notte buia dello spirito accadutole tra l’aprile e il maggio 1944. È il 1° maggio 1944 e le appare san Francesco:

Vedo, e subito lo riconosco, il mio S. Francesco d’Assisi. Lo vedo due volte. La prima al mattino. Sta in piedi nella povera tonaca non marrone ma di un grigio-marrone come piuma di tortora selvatica. È scalzo, a capo nudo, e già stigmatizzato.

La seconda volta, a sera, torna e lo vedo meglio ancora. Ha il viso tanto scarno da parere quasi triangolare. I capelli, rasati in tondo, mettono una riga lievemente ondulata, brizzolata nel suo castano chiaro, sulla fronte alta e pallidissima. Ha gli occhi di un castano chiaro, mesti e buoni, fortemente incassati nelle orbite, naso lungo e sottile, guance pallidissime e magre, allungate da una barbetta rada tagliata a punta.

Sorride, ma senza letizia. Un sorriso che vuole unicamente incoraggiare. Parla. Lentamente. Con voce ben intonata ma come stanca. Mi chiede, accennando con la mano piagata:
‘Ti piacciono i miei ulivi?’.
‘No’, rispondo.
‘Eppure… A me piacevano tanto perché mi ricordavano il nostro Signore Gesù nella sua Orazione’.
‘Tu, Padre, vi vedevi in mezzo Gesù. Io non vedo più nulla e mi dànno solo tristezza’.
‘Sforzati, figlia, a trovarvi pace e gioia. Io l’ho detto, e soffrivo tanto, allora, perché ero disilluso io pure degli uomini e, direi, del consenso di Dio sulla mia opera: ‘Beati quelli che fanno la volontà di Dio e per Lui sostengono ogni tribolazione’. Prova a raggiungere questa dolorosa beatitudine. È la stigmatizzazione dello spirito, e fa più dolore di questa, vedi?, che mi apre le carni. Lo so. Ma prova. Piangi e prova. Ho sofferto tanto anche io e di tante còse. Mi affezionavo anche io. Ero pieno di nostalgia anche io. Ho sentito anche io ricadere su me la preghiera che avevo fatta, in certe ore. Ho avuto ore in cui non ho saputo che gemere. So cosa sia il dolore tuo. Ma ti dico: sforzati a trovare, in tutto il dolore, pace e gioia. Dopo viene la gioia e la pace. Sii buona. Ti starò vicino. Ti benedico con la mia benedizione: ‘Il Signore abbia di te misericordia, volga verso di te la sua faccia e ti dia pace. Ti dia la sua benedizione’.
Non è molto. Ma è già uno spiraglio di Cielo. (I Quaderni del 1944 p. 271)

Poi vede san Francesco nell’ultima visione del “Vangelo della Fede” (I Quaderni del 1944, pp. 550ss). Qui lui riceve le sante stigmate. La visione è del 16 settembre 1944.

“Ecco il tronco del Salvatore che palpita nel respiro… ed ecco, oh! ecco il Fuoco che solo una grazia permette fissare, ecco il Fuoco del suo Viso che appare quando il sudario delle scintillanti penne è tutto aperto. Fuoco di tutti i vulcani e astri e fiamme, circondato da sei sublimi ali di perle, argento e dia-mante, sarebbe ancor poca luce rispetto a questo indescrivibile, inconcepibile splendere dell’Umanità Ss. del Redentore confitto sul suo patibolo. Il Volto, poi, e i cinque fori delle piaghe non trovano riscontro in nessun paragone per esser descritti. Penso… penso alle cose più splendenti… penso persino alla luce misteriosa che emana il radio. Ma, se quanto ho letto è vero, questa luce è viva ma di un argento-blu di stella, mentre questa è condensazione di sole moltiplicata per un numero incalcolabile di volte. La vetta della Verna deve apparire come se mille vulcani si fossero aperti intorno ad essa a farle corona. L’aria, per la luce e il calore, che arde e non brucia, che emana dal mio Signore crocifisso, trema con onde percepibili all’occhio, e steli e fronde sembrano irreali tanto la luce penetra anche l’opacità dei corpi e li fa luce… Io non mi vedo. Ma penso che al riflesso di quella luce la mia povera persona deve apparire come fosforescente. Francesco, poi, su cui la luce si riversa e lo investe e penetra, non pare più corpo umano. Ma un minore serafino, fratello di quello che ha dato le sue ali a servizio del Redentore”.