Beata Alexandrina Da Costa (1904-1955)


Nella parrocchia di Balazar, piccola cittadina del Portogallo, nacque il 30 marzo 1904 Alessandrina Maria Costa, conosciuta come “la malata di Balazar” o come “la crocifissa del Calvario”. Nascita e Battesimo avvennero nella Settimana Santa di quell’anno e, precisamente, il Mercoledì Santo e il Sabato Santo.

La Parrocchia di Balazar avrebbe avuto un segno della Misericordia Divina: la presenza di una creatura straordinaria che, conformemente al disegno di Dio, si sarebbe offerta vittima per la conversione di tanti peccatori e per la salvezza del Portogallo (questa Nazione, infatti, non sarà toccata dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, perché rimasta fuori dal conflitto).

È Alessandrina che parla della sua infanzia e della sua adolescenza, dei pregi e dei difetti di quell’età; sì che è facile pensare, seguendo il suo racconto, ad una bambina vivace ed alquanto birichina, testarda e un po’ vanitosa. La sorella Diolinda, più grande di lei, era spesso bersaglio dei suoi scherzi; Alessandrina, però, aveva sufficiente discernimento ed umiltà per capire gli errori commessi ed anche volontà ferma per non ricadervi. Questi aspetti positivi del suo temperamento, spiegano le tappe vittoriose del suo cammino verso la perfezione. Spesso contemplava il Cielo e, nella sua semplicità infantile, pensava a che mezzi disponibili vi fossero per raggiungerlo. Questo pensiero del Cielo, finché visse, fu l’anelito costante della sua anima.
A cinque anni cominciò a frequentare il catechismo e, proprio in questo periodo, sbocciò nel suo cuore l’amore tenero e fiducioso per la Madonna. Con la Prima Comunione, ricevuta a sette anni, ebbe inizio anche quel legame di amore che la unirà per sempre a Gesù Eucaristia, legame rinsaldato dalla Comunione quotidiana e dalle frequenti visite al Santissimo Sacramento.
Con assiduità partecipava a tutte le pratiche religiose della sua Parrocchia perché amava molto pregare. Una volta, all’età di nove anni, con la sorella Diolinda e una cugina, si recò in un paese vicino per ascoltare la predica di un santo Frate: Fra’ Emanuele delle Sante Piaghe. L’inferno fu l’argomento della predica e, quando il Frate invitò i fedeli a scendere con lui in spirito in questo luogo di sofferenza senza fine, Alessandrina pensando che si potesse entrare realmente in quel luogo, decise di scappare: no, all’inferno non sarebbe mai andata e, per essere pronta alla fuga, prese in mano gli zoccoletti che aveva sistemato vicino alla balaustra…
Rispettosa dei principi fondamentali della vita cristiana, più grandicella, si impegnava nel lavoro ed evitava trasgressioni che fossero motivo di peccato.

Un giorno Alessandrina, Diolinda ed un’amica erano in casa impegnate in un lavoro di cucito. Ad un tratto si sentirono dei passi: tre uomini entrati in casa stavano salendo la scala che portava nella stanza in cui erano le tre giovani. Diolinda che aveva intuito il pericolo, chiuse la porta della stanza a chiave, né aprì quando sentì bussare. Ma quando uno dei tre tentò di sorprenderle servendosi di una scaletta che immetteva direttamente nella stanza attraverso una botola, Diolinda non esitò ad aprire la porta per darsi alla fuga, seguita dall’amica, ma fu ostacolata dai due uomini che erano rimasti in attesa. Mentre avveniva tutto questo, Alessandrina, non avendo altra via d’uscita, corse verso la finestra che era aperta e si buttò nel vuoto facendo un salto di quattro metri. Per il terribile impatto con il terreno, rimase a terra per qualche tempo, poi, preoccupata per la sorte della sorella e dell’amica, si alzò, prese un palo ed affrontò gli aggressori con tanta forza da costringerli alla fuga.
Ma la passione che acceca non si arrende facilmente; una volta che Alessandrina era rimasta sola a casa, ebbe la triste sorpresa di avvertire ancora la presenza in casa dell’uomo che ella ben conosceva, avendo lavorato alle sue dipendenze. Il pericolo era grave ma Alessandrina, forte della sua fede, strinse fra le mani il suo Rosario e confidò nell’aiuto della Madonna. Sebbene non fosse chiusa a chiave la porta della stanza, inspiegabilmente, non si aprì e l’uomo fu costretto a rinunziare al suo piano diabolico.
Le conseguenze della caduta si fecero presto sentire. Fino all’età di diciannove anni, Alessandrina di tanto in tanto sarà costretta a rimanere a letto per tempi più o meno lunghi; poi l’aggravarsi della malattia non le consentirà mai più di alzarsi. Ebbe momenti di scoraggiamento, mai di disperazione; non trascurò mai la preghiera, anzi i momenti di maggiore tristezza li viveva quando la sorella si recava in Parrocchia per partecipare alle funzioni religiose e lei non poteva seguirla. Ma non per questo ella interrompeva il suo colloquio con Gesù e con la Celeste Madre. Nella preghiera chiedeva anche la sua guarigione, ma non trascurava l’offerta delle sue sofferenze per la salvezza dei peccatori.

Alessandrina aveva cementata nel cuore una forte devozione alla Madonna, che ella esprimeva con particolare intensità nel mese di maggio. Aspettava questo tempo benedetto con ansia e lo viveva con amore e devozione. Non avendo la possibilità di comprare una statuina della Madonna, perché povera, ne chiedeva una in prestito al suo parroco, a cui poi la restituiva. Preparava per onorarla un altarino, e voleva che vi fossero sempre fiori; ma, più belli dei fiori erano i fioretti che ogni giorno offriva alla Madonna con tante intenzioni quante erano le creature per le quali li offriva.
La devozione alla Madonna era, quindi, anche per lei la strada maestra per giungere a Gesù. E a Gesù, prigioniero per amore, vittima per la salvezza dei peccatori, era rivolto in particolare il suo cuore. La confidenza verso la divina Madre le donava la forza per esprimere la preghiera più generosa e ardita: «Mammina dite a Gesù che lo aiutate voi a crocifiggermi, affinché nulla resti nel mio corpo e nell’anima mia da crocifiggere».
Alessandrina, con piena disponibilità all’azione purificatrice del Maestro Divino, si preparava alla missione a cui Gesù l’aveva chiamata: immolarsi per la salvezza dei peccatori. Ed infatti, per lunghi anni, ogni venerdì, ella vivrà in lei la Passione di Gesù dal Getsemani al Calvario.
Gesù, il 1° agosto 1935, chiese ad Alessandrina che si manifestasse al Papa il suo desiderio di consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria, essendo questa la strada più sicura per salvare dall’eterna rovina l’umanità smarrita nei meandri tenebrosi del male. Alessandrina ubbidì e si rivolse al suo direttore spirituale perché intervenisse. La richiesta fu comunicata al Cardinale Eugenio Pacelli perché si facesse interprete di quanto avveniva a Balazar presso il Papa Pio XI allora regnante; ma fu ostacolata da contrasti e dubbi. Solo dopo lunghi anni, nel settembre del 1942 il mondo venne consacrato al Cuore Immacolato di Maria proprio dal Card. Pacelli, salito al Soglio Pontificio.

Gesù aveva ascoltato le preghiere di Alessandrina e aveva assecondato l’ardente suo desiderio di amarlo. Entrato in quel cuore, Gesù aveva dato inizio a un processo di trasformazione interiore che avrebbe portato quella creatura a gradi di perfezione sempre più alti, col distacco progressivo dell’anima da ciò che è terreno, mentre lo spirito si sarebbe librato in atmosfere più elevate, lontano dalle realtà contingenti. Alessandrina passerà dalla “morte mistica” alla “notte oscura”, dai lunghi silenzi del Maestro Divino agli assalti del demonio con soli brevi pause di consolazioni interiori, seguite sempre dai dubbi tormentosi. La forza di Alessandrina è l’amore a Gesù Eucaristico (per ben tredici anni non si ciberà che della sola Ostia consacrata!) e l’abbandono fiducioso nella Celeste Madre: «Mammina, o mia Mammina cara, voglio essere di Gesù, voglio essere tua…».
Alessandrina vivrà nello spirito la tragedia della ribellione a Dio e la disperazione dell’anima condannata a non godere in eterno la visione beatifica di Lui. Subirà nel corpo e nell’anima i tormenti che schiere di demoni infliggono alle anime che hanno meritato l’inferno. Ma questa immolazione servirà a salvare tante anime destinate altrimenti alla dannazione eterna. La creatura, vittima per amore, non potrebbe vivere questa condizione senza l’aiuto di Dio. E, nel cuore di Alessandrina, Gesù stabilisce la sua dimora, il suo trono. È Gesù che la incoraggia e sostiene; è Lui che chiede sofferenza e immolazione, perché attraverso la disponibilità della creatura, vuole continuare la sua missione redentrice. Tutto questo è la dimostrazione che l’amore di Dio e della Madre sua per gli uomini, anche se ingrati, non conosce limiti e non cesserà di operare finché ci saranno uomini sulla terra bisognosi di redenzione.
«Venite, andiamo tutti al Cielo», diceva. Questo era l’anelito costante della sua anima e deve essere anche l’anelito di ogni creatura; e tanti furono quelli che avvicinandosi a lei mentre era ancora in vita, furono illuminati e conquistati interiormente.
Nell’autunno del 1955 sente, finalmente, che il Cielo si sta schiudendo per accoglierla. E con la visione di un Cielo pieno di luce, si chiude la straordinaria vicenda terrena di Alessandrina. È il giorno 13 ottobre, giorno privilegiato dal Cuore Immacolato.

Autore: Marcella De Tata

Fonte: Il Settimanale di Padre Pio