Il “testamento” di padre Corrado Maria Berti O.S.M. su Maria Valtorta


Proponiamo uno scritto di padre Corrado Maria Berti O.S.M., inedito dal 1980 e mai citato neanche incidentalmente da nessuno, quindi probabilmente sconosciuto a molti. Per chi è all’oscuro degli avvenimenti accaduti nel mondo valtortiano sia dal 1980 ad oggi, sia molto prima, credo siano necessari dei chiarimenti. Perciò alterno in colori diversi il testo originale e un mio commento critico e benevolente – padre Corrado Berti, a detta di molti, è morto in concetto di santità – a questo scopo. Non l’ho tramutato in note a piè di pagina perché volevo fosse leggibile da chiunque con semplicità e senza inutili interruzioni, con uno stile ormai consueto nel mondo del web.

– don Ernesto Zucchini
presidente della Fondazione Maria Valtorta onlus
15 ottobre 2021, s. Teresa di Gesù

Testo originale tratto da:
Rivista di Ascetica e Mistica, 1980 – Anno 49°, N. 3 – Luglio-Settembre
Titolo originale:
Testimonianza oculare su Maria Valtorta1
1Dopo lo studio del prof. Fabrizio Braccini sul «Caso Valtorta”, pubblicato in due puntate sulla nostra Rivista (nn. 3 e 4 del 1979) ed ora estratto a parte – studio che ha avuto in genere vasti consensi – siamo lieti di ospitare ora, quasi a complemento di esso, la trascrizione di una conferenza del p. Corrado M. Berti, dei Servi di Maria, di cui è nota l’opera compiuta nell’annotare e pubblicare con regolare Imprimatur [credo sia un errore perché l’Opera Valtortiana non ha mai avuto imprimatur di sorta] l’opera maggiore della Valtorta, e poi gli altri scritti valtortiani usciti dopo. I lettori apprezzeranno questa testimonianza, non tanto per il suo stile qua e là ripetitivo, quanto per ciò che egli attesta e chiarisce per esperienza diretta (N.d.D.).

1.

Vista la data della morte di padre Corrado Maria Berti, avvenuta nella notte tra il 14 e il 15 dicembre 1980, e la data di pubblicazione di questo articolo, luglio-settembre (ma più settembre che luglio), possiamo leggere il testo come il suo testamento su quanto ha vissuto con la mistica Maria Valtorta. Questo vale ancora di più pensando a quanto aveva scritto nel settimo volume della II edizione de “Il Poema dell’Uomo-Dio” a p. 1870: “[Due possibilità:] a) o l’autrice possiede un genio simile a quello del Manzoni o di Shakespeare e una cultura scritturale, teologica, con una conoscenza dei Luoghi Santi perfette, e in ogni caso superiori a ogni creatura oggi vivente in Italia; b) o ‘digitus Dei est hic’. […] la prima vien tacciata di ingenua credulità e la seconda di assoluta insufficienza; ma, come appare dalle prefazioni, introduzioni ed annotazioni, e secondo quanto intendono asserire ora esplicitamente e chiaramente, essi [padre Berti e i responsabili della Tipografia Michele Pisani che fungeva da editore] non se la sentono di far propria alcuna delle due interpretazioni, e lasciano tutto intero il giudizio ai Competenti per scienza ed autorità” [corsivo nel testo]. Questa dichiarazione del 1964 – tristissima per la paura che esprime – fatta dai curatori della prima e seconda edizione del Poema, verrà cambiata ed evidenziata solo dopo 16 anni, nel presente scritto. Ricordiamo però che all’epoca non erano ancora stati scritti i testi di Jean Aulagnier, Jean-François Lavére, Liberato de Caro, Emilio Matricciani, Fernando La Greca. Padre Berti intuì la grande ricchezza degli scritti Valtortiani, ma non ebbe mai il coraggio di confrontare e approfondire adeguatamente.

Accingendomi a scrivere una testimonianza oculare su Maria Valtorta, con dispiacere e con vergogna sento la necessità di dover prima di tutto brevemente ma sufficientemente presentare me stesso, affinché i lettori o gli ascoltatori possano un giorno rendersi conto del valore o della nullità della mia testimonianza.
Sono nato a Firenze nel 1911 e trascorsi la mia prima giovinezza all’ombra del Santuario Basilica della SS. Annunziata ove ora riposano, in attesa della gloriosa resurrezione, le ossa di Maria Valtorta. Presso questo Santuario, forse nel giorno stesso della prima comunione, io sentii la chiamata al Sacerdozio, nell’Ordine dei Servi di Maria. Poi nel 1928 andai a Roma dove sono ancora (1980) con la sola parentesi di 5 anni trascorsi presso la Facoltà Teologica dell’Università Cattolica di Lovanio, ove imparai ad amare il rigore scientifico, mentre da giovane, stando a Roma, e frequentando quella che poi si è chiamata la Pontificia Università Urbaniana di Propaganda Fide, imparai a pensare con la mia testa, ad avere le idee chiare e a procurare di esporre queste idee con rigore logico.

2.

Dato di cui tener conto per capire in quale contraddizione è caduto quando si è lasciato coinvolgere da spiritismi e dallo spiritismo. Non che lui lo fosse. Assolutamente no. Ma ne sentiva il fascino. L’appendice del settimo volume della II edizione de “Il Poema dell’Uomo-Dio” ne è la prova: a pp. 1867-1869 scrive “c) A chi poi fa notare che i dettagli di indole storica, geografica, topografica, etnologica ed archeologica, di cui rigurgita l’Opera, sono troppi e troppo minuziosi per esser stati imparati su libri o almeno per essere stati affidati alla carta dopo numerosi anni dalla supposta lettura, i negatori dell’origine soprannaturale, straordinaria degli scritti di Maria Valtorta rispondono che non c’è affatto bisogno, per spiegare tutti quei minuti dettagli, corredati anche da scritti e da illustrazioni, di ricorrere a divine visioni ed a divini dettati, poiché è risaputo che esistono persone le quali, quasi apparecchi radio riceventi e trasmittenti, captano, registrano, amplificano e ritrasmettono notizie riguardanti realtà o concetti lontanissimi non solo nello spazio ma anche nel tempo, dato che nell’Universo nulla si perde: e sono i così detti «sensitivi», che non hanno niente a che vedere coi diavoli e con le forze occulte di tenebrosa origine. E in tal direzione, i predetti sostenitori adducono esempi, tratti da libri e dalla propria esperienza, che se non sono paragonabili per vastità e profondità al fenomeno degli scritti di Maria Valtorta, meritano tuttavia di venir presi in considerazione, pur non uscendo anch’essi dal campo delle ipotesi quantunque attendibili. […] Secondo la predetta ipotesi di interpretazione, quindi, Maria Valtorta avrebbe letto per anni la Bibbia, meditandola, contemplandola, approfondendola, quasi ruminandola, assimilandola, facendola diventare sangue del suo sangue e poi, a un certo momento, al momento cioè della piena maturazione, l’avrebbe, come un torrente, riversata sulle quindicimila e più pagine, senza nulla controllare, senza previa brutta copia, senza cancellature, correzioni o revisioni di sorta, se non forse per ritoccare l’interpunzione o ricalcare le parole non chiaramente trascritte”. Evidentemente padre Berti sentiva il fascino della medianicità, ma non si rendeva conto della contraddizione in cui cadeva. Porre sullo stesso piano ciò che Maria Valtorta ha scritto e lo spiritismo è sognare una perfetta identità di vedute tra i cultori – a vari livelli – di questa corrente spirituale, che in realtà è confusione dottrinale senza limiti, con la perfetta omogeneità di quanto scritto da lei. Non solo, ma permette il forte sospetto che ponga sullo stesso piano la Rivelazione canonica o anche solo le rivelazioni private/mistiche con i vari spiritismi di matrice anglosassone o latina.

Nel 1945 cominciai, a Roma, a frequentare alcuni ospedali e li ho frequentati, fino a che la salute me lo ha permesso, per oltre 30 anni. Nel 1946 venne a Roma un pio sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria, perciò un mio confratello, il Padre Romualdo Maria Migliorini. Veniva mandato a Roma, quasi in punizione, anche perché cessasse di occuparsi di Maria Valtorta e invece a Roma trovò in me il suo più affezionato e fedele aiutante.

Padre Berti è estremamente benevolo e cerca di sminuire il dramma – e la punizione vera e propria – in cui padre Migliorini si trovò coinvolto. Questi era stato cacciato da Viareggio con l’obbligo di non ritornarci più, a nessun titolo. Ubbidì, pur cercando attestati di varie persone che potessero riabilitarlo, ma non ci fu niente da fare: rimase inchiodato a Roma fino alla morte. Resta vero che padre Berti stimava padre Migliorini, fino a scrivere anche: “le fu direttore spirituale e sostegno dal 1942 al 1946: ma questo padre, quantunque molto intelligente, colto e fervoroso, era ormai consumato dai lunghi anni di ministero parrocchiale in Canadà e missionario in Africa, occupatissimo e malato, e comunque non influì sugli scritti di Maria ma piuttosto ne subì l’influsso, come inequivocabilmente appare dagli appunti di prediche rinvenuti alla morte di lui, che perciò non fu se non l’infaticabile e fedele dattilografo dell’Inferma, il quale ne riceveva i quaderni ultimati, li copiava e prestamente li restituiva” (idem, p. 1866). E qui si comincia ad evidenziare quanto ancora c’è da scoprire su Maria Valtorta e i suoi scritti. La formula usata, “dagli appunti di prediche rinvenuti alla morte di lui”, sembra quasi un invito a ricercare e approfondire questi scritti.

Vedete come il Signore, quando permette una tribolazione o una umiliazione, lo fa sempre a scopo di bene; dunque nel 1946 mi incontrai con il padre Romualdo Maria Migliorini. Egli, notoriamente, era il direttore spirituale e poi l’umile dattilografo di Maria Valtorta.
Padre Migliorini era vecchio e soprattutto era malato. Mi chiese che lo aiutassi ed io, non per fanatismo, non per associarmi a quello che chiamavano il direttore spirituale del Portavoce di Viareggio, ma soltanto per aiutare un frate malato, mi associai a lui e ne divenni l’aiutante fedele e laborioso.
Io sono dunque un testimone oculare di Maria Valtorta. Perché? Perché Padre Migliorini non poteva, perché gli era stato proibito, rimettere piede in Toscana. Chi perciò cominciò ad andare da Maria Valtorta, nel 1946, fui io. Dal 1946 al 1961, almeno una volta al mese, io mi sono recato da Maria Valtorta. Asserisco che quando arrivavo mai venivo lasciato fuori della porta, ma subito invitato ad entrare.

In realtà anche parte Berti doveva aver ricevuto dall’Ordine Servita, di cui era membro, il comando di non andare a Viareggio e di non avvicinare Maria Valtorta. Infatti è notorio che si travestiva da idraulico per non farsi riconoscere quando andava nella casa di lei. Travestimento inutile perché faceva sorridere chi lo conosceva. Padre Berti fu testimone oculare e presente almeno una volta al mese a Viareggio. Si parla quindi di almeno 192 volte. Parecchie! Allora diventa inevitabile la domanda: le sue memorie, lettere, scritti, dove sono finiti? Perché, di fatto, niente è stato pubblicato? Davvero si possono considerare documenti insignificanti, quando ogni memoria o biglietto che riguarda Maria Valtorta ha grande valore? Possibile invece che si sia voluto mettere da parte una persona con una conoscenza così profonda e lucida di Maria Valtorta?

Entrando, mai trovai l’inferma Maria Valtorta con le gambe fuori del letto; mai seduta sulla sedia, mai ad un tavolino, mai con un libro in mano, ma sempre a letto, seduta o semisdraiata.
L’ho osservata per 16 anni; non l’ho mai trovata a studiare, non l’ho mai trovata, a leggere libri di teologia o comunque libri che potessero in qualche modo servire a comporre le grandi Opere che poi Essa compose. Scrisse dunque Maria Valtorta oltre 120 quaderni, ma mai in seguito a consultazione di libri; io di questo sono testimone oculare.

Almeno per 192 volte padre Berti ha visto e parlato con Maria Valtorta malata e allettata. E allora la solita – per me – domanda: dov’è finita la valigia tenuta sotto il letto di lei contenente ricette farmacologiche, elenchi di medicine e referti medici scritti in almeno 34 anni, come ha riferito espressamente Marta Diciotti? Possibile che sia perduta? Se così fosse, non sarebbe almeno possibile sapere cosa ne è successo?

Un giorno un frate francescano mi venne a trovare e mi disse: “Voglio vedere gli occhi che videro Maria Valtorta”. Mi tolsi gli occhiali e dissi: “Guardi questi occhi, verdi come quelli dei gatti, questi occhi sì hanno visto Maria Valtorta, così come questi orecchi hanno sentito Maria Valtorta”.

Questo desiderio è di chiunque ha letto vita e opera di lei. I verdi occhi di padre Berti attraverso i suoi scritti ci permetterebbero di avvicinaci ancora meglio e con più profitto a chi dolorosamente ha vergato 13193 pagine di quaderno, più epistolario, fogli, foglietti e brevi scritti.

E comincio subito con una affermazione che ritengo molto importante. Soprattutto in questi ultimi tempi vanno moltiplicandosi gli articoli o le recensioni sugli scritti di Maria Valtorta. Quelli della Rivista di ascetica e mistica del Convento di S. Marco dei Domenicani a Firenze, articoli scritti dal Prof. Fabrizio Braccini dell’Università di Salerno, non li ho ancora letti perché io sono malato, come dirò; non li ho ancora letti ma ho sentito dire, da persone preparate, oneste e competenti, che sono ben fatti e, a suo tempo, leggendoli o facendoli leggere, anch’io ne vorrò prendere conoscenza personale.
Altri invece fanno paura perché sono paurosamente superficiali. Per esempio, ci son di quelli che dicono, (come gli articoli che cercano il pelo nell’uovo, quelli che figurano accanitamente nella rivista Chiesa Viva, di Brescia) dicono che gli scritti di Maria Valtorta sono una vita di Gesù, malamente romanzata.

“Una vita di Gesù malamente romanzata” è il titolo dell’articolo dell’Osservatore Romano del 6 gennaio 1960 che tenta in modo maldestro di giustificare la messa all’Indice del Poema (Maria Valtorta non è stata mai condannata). La rivista Chiesa Viva di Brescia attaccò in modo frontale gli scritti di Maria Valtorta, ma non ne azzeccò neanche una. Cosa tipica di questa rivista complottista e antisemita, finita oggi nelle derive più oscure di un complottismo senza valore, ragione e privo di buon senso. Con la curiosa situazione che l’ortodossia spesso pretesa da Chiesa Viva, era spesso difesa proprio da quegli scritti che venivano additati come romanzati e malamente fatti. L’impressione è che si tratti di pregiudizio clericale di cui questa rivista era ferrea portatrice, dovuta anche al fatto che Maria Valtorta non poteva essere controllata da nessun componente del clero. Evidente che per loro una laica, malata gravemente e incapace di muoversi, non poteva aver scritto quelle cose così bene e convincenti. E queste sono le tipiche posizioni clericali preconcette.

Prima di tutto gli scritti di Maria Valtorta, secondo me, non sono affatto un romanzo.
Il Poema si potrebbe forse anche chiamare romanzo come presentazione, però una vita di Gesù bellamente romanzata, non malamente romanzata, chiunque abbia detto per la prima volta questa espressione; semmai bisognerebbe dirla bellamente romanzata, egregiamente romanzata, artisticamente romanzata, non malamente romanzata.
E poi, perché chiamarla romanzo? Maria Valtorta non merita di essere stimata, non merita di essere considerata, specialmente oggi giorno con il tanto sbandierato rispetto per la persona umana?

Affermazioni vere. Assolutamente da condividere. Lavére ne “L’enigma Valtorta” sostiene l’idea che si tratterebbe di un romanzo storico. Che l’Opera la si possa vedere “anche” come romanzo, posso anche accettarlo. Personalmente però credo che si tratti di un genere diverso. Prima di definire di quale genere specifico si tratti, per ora è importante uscire dal genere romanzo, perché così pensando sembra risulti difficile evitare lo scoglio del devozionismo. Chi pensa solo alle devozioni lo vorrebbe così e lo ridurrebbe volentieri a questo, ma l’Evangelo non è né un romanzo né un romanzo storico. “Illustrazione” del Vangelo è la terminologia usata da Gesù nei Quadernetti. Dietro questo ci potrebbe stare “commento mistico” o meglio “rivelazione (privata) mistica”. Comunque sia, non è un romanzo tout court.

Si sono ascoltati e considerati i veggenti di Lourdes, i veggenti della Salette, i veggenti di Monteberico, i veggenti di Fatima, i veggenti di Guadalupe; perché non si deve ascoltare anche Maria Valtorta?

Sembra che padre Berti, accademico, non conosca i suoi colleghi! Maria Valtorta è entrata a piè pari sul contendere esegetico, teologico, archeologico e scientifico, toccando una varietà di scienze impressionante e con la stringente pretesa d’aver ragione nonostante non avesse alcun titolo accademico o di ricercatrice. Il minimo che potesse accaderle era la… crocifissione! Esattamente come a Gesù… L’argomento di padre Berti comunque non è convincente, perché nei casi citati si tratta di una quantità di argomenti non paragonabile a quelli Valtortiani e in più ci sono fatti eclatanti, cioè miracoli da tutti constatabili senza tante ricerche, confronti e studi. Nel caso valtortiano bisogna passare da una semplice lettura che scalda spiritualmente il cuore ad uno studio – almeno iniziale – dei contenuti.

Ascoltiamola noi un istante, ascoltatela voi, pendendo dalle labbra di un testimone oculare. Maria Valtorta ha sempre detto che ciò che scriveva era frutto o di visioni soprannaturali o di dettati soprannaturali.
Perché escludere queste affermazioni così ripetute, perpetuamente ripetute da Maria Valtorta? Perché escluderle? Non prenderle neppure in considerazione, perché?

Solita, evangelica e antica risposta: “Altri dicevano: ‘Questi è il Cristo!’” Altri invece dicevano: ‘Il Cristo viene forse dalla Galilea?’” (Gv 7,41); “Gli risposero: ‘Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea’” (Gv 7,52). Se l’hanno pensato e detto a Gesù, figurarsi se non lo dicono per Maria Valtorta. Ha disturbato quelli che si considerano gli unici capaci di commentare i Vangeli e costruirci sopra delle teologie. Impossibile che la accettino. A meno che si possa dimostrare, dati scientifici in mano, che questi scritti sono un miracolo talmente grande da non reggere il paragone con altri… La nostra Fondazione segue questa linea.

E poi, anche se si volesse affermare che il Poema dell’Uomo-Dio è una vita di Gesù bellamente romanzata, non si può affatto asserire, in nessuna maniera, che le altre Opere, cioè: “Il Libro di Azaria” sia un romanzo, non ha niente di romanzesco; “I Quaderni del 43” siano un romanzo, non hanno niente di romanzesco; “Le lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani”, non hanno niente di romanzesco; il volume che sta per uscire: “I Quaderni del 1944” non avranno niente di romanzesco; il volume ultimo che uscirà, a Dio piacendo, tra qualche anno, che consisterà in una “Miscellanea di scritti Valtortiani” [Quadernetti], redatti fra il 45 e il 53, un volume che non avrà niente di romanzesco; perciò non si può spiegare il fenomeno Valtortiano presentandolo come un romanzo, anche bellamente architettato. Non si può! 

Non abbiamo dati statistici sulla vendita del Poema/Evangelo rispetto ai quattro libri detti Quaderni, ma sospettiamo che ci sia un abisso. Perciò è vero il fatto che la stragrande maggioranza dei lettori quando parla di Maria Valtorta si riferisce solo a “L’Evangelo come mi è stato rivelato”.

Perché bisogna, con rispetto, se non accettare, almeno ponderare le parole sempre ripetute da Maria Valtorta: “Quello che ho scritto è dovuto a visioni soprannaturali, è dovuto a dettati soprannaturali”. Io sono testimone di questo, in qualche maniera, non perché abbia veduto stando accanto a Maria Valtorta delle manifestazioni soprannaturali, no! Ma perché a volte, leggendo gli scritti di Maria Valtorta e andando da Lei io le dicevo: “Signorina, ma questa frase non è troppo chiara”. Essa la guardava, controllava i quaderni e a volte diceva: “Sì, non è chiara perché avete trascritto male, a macchina; il quaderno dice così e così, voi ci avete messo un ‘non’ e con questo ‘non’ avete fatto venir fuori un errore o una oscurità”.
Oppure Maria Valtorta diceva: “Sì, la frase non è chiara, 1a chiarisca lei che è un teologo”; non sapeva chiarire quella frase. Perché?
Perché diceva: “Finché è acceso il lumino della visione e del dettato io sono capace di scrivere; ma quando· quel lumicino della, visione e del dettato, quando quella luce si spegne, quando quella voce si estingue, allora io non so più scrivere”.
Quante volte mi ha detto questo! Ora dunque, da qui in avanti, bisognerà ricordarsi di questa affermazione di Maria Valtorta, che il suo fenomeno si spiega con visioni e con dettati; e si potrà escludere questa affermazione di Maria Valtorta soltanto dopo aver dimostrato che non si tratta sicuramente di visioni e di dettati.

Padre Berti cerca di avvalorare la tesi della soprannaturalità dell’Opera Valtortiana – ma siamo del 1979 – lasciando agli altri la dimostrazione che quanto scritto da lei non deriva da Dio. È un gioco dialettico, ma è contro la logica. Chi propone una tesi, è lui che deve dimostrarne la verità, e non sta agli altri dimostrare il contrario. Anche questo stravolgimento logico ha impedito a padre Berti di studiare gli scritti Valtortiani mostrandone le ragioni scientifiche con fatti certi e accaduti e con verifiche altrettanto indubitabili. Lavère invece ha proprio fatto questo, e lo scrigno valtortiano si è aperto facendo ben intendere la grandezza dei contenuti. Padre Berti purtroppo ha perso una grande occasione.

Qualcuno forse nei libri di Maria Valtorta troverà delle imperfezioni, troverà qualche errore anche e dirà: “Ecco che non è dettato da Dio, ecco che non è mostrato da Dio perché vi è un’oscurità, quella oscurità; vi è un errore, quell’errore”. Ma per poter dire questo prima di tutto bisognerà essere competenti nelle singole branche del sapere, perché un teologo dogmatico non potrà giudicare in campo liturgico e un agiografo non potrà esprimersi in campo biblico.

Vero, ma qui c’è la solita deviazione accademica. Se non sei in questo numero di intellettuali non ti è lecito parlare. Anche se c’è una parte di verità, si deve comunque permettere a chiunque di studiare e arrivare a competenze pari e superiori agli accademici e quindi di pronunciarsi. Ancora Lavére è un modello di riferimento. Ingegnere chimico – e non esegeta, teologo, storico e men che meno archeologo – studia tutti i contenuti degli scritti di Maria Valtorta imparando competenze che forse prima non aveva, ma che studiando ha acquisito e usato. Inoltre va ricordato che spesso se la specializzazione è eccessiva si finisce per perdere la conoscenza reale stessa.

Ma anche se un competente riuscisse a trovare qualche errore dottrinale negli scritti di Maria Valtorta, bisognerà sempre ricordarsi che non esiste sulla faccia della terra una persona che sia sempre infallibile. Persino l’infallibilità del Papa e l’infallibilità dei Concili Ecumenici ha dei giusti limiti ben definiti dalla teologia, come ben definiti dalla Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano I sul primato del Papa ed il Suo infallibile Magistero. Anche il Papa stesso non è infallibile in tutto; non può, per esempio, il Papa un giorno affacciarsi dalla sua finestra e proclamare l’immacolata concezione di S. Giuseppe, per dire. È infallibile nell’interpretare la Divina Rivelazione e nel definire la Divina Rivelazione; ma questi sono dei limiti ben chiari; e perché volere che Maria Valtorta sia infallibile sempre e in tutto?

Padre Berti non distingue. Un conto è l’errore materiale, l’errore ortografico o grammaticale, altro conto è l’aspetto dottrinale. Se quanto vede e scrive viene dal Cielo, non ci possono essere errori dottrinali, storici o geografici. Altrimenti il Cielo sbaglierebbe, ma questo non può essere. La verità che smentisce la verità non può essere accettata: almeno una delle due è falsa. Quindi se materialmente Maria Valtorta può sbagliare, per il resto no, altrimenti significherebbe l’assenza di intervento divino. Detto questo, si evidenzia anche in questo caso come padre Berti non abbia verificato i dati precisi che sono negli scritti da lei. I cieli fisici, tanto per intenderci. Mai padre Berti ha capito e neanche sospettato che questi cieli fisici mostrassero dati scientifici (ma anche gematrìaci) che portano a determinare le date della vita terrena di Gesù.

Io credo che Maria Valtorta sia stata preservata moltissimo dagli errori, ma non possiamo asserire che sia stata preservata sempre e in tutto, perché Maria Valtorta ha potuto anche vedere male, ha potuto capire male, ha potuto scrivere male, ha potuto descrivere male. Chi muoveva la mano (credo che si possa dire) era Dio, ma la penna (Essa chiamava sé stessa penna di Gesù) la penna ha potuto essere anche a volte arrugginita dalla malattia, dalla stanchezza, dalla notte, dalla fatica dello scrivere, ha potuto essere questa penna, a volte, anche arrugginita.

Vero, ma senza esagerare, specialmente nella seconda parte. Maria Valtorta, perennemente in stato agonico, è stata continuamente aiutata dal Cielo e potenziata anche nelle sue qualità umane, ma possiamo concedere solo errori materiali e sviste molto piccole. Altrimenti non si potrebbe neppure discernere su quanto ha scritto. Rifiutare le sue comunicazioni sarebbe allora doveroso.
In più abbiamo alcune esperienze esemplari di Maria Valtorta che viene corretta per avere visto, capito e scritto male. Possiamo supporre che se avesse fatto errori dottrinali gravi, il Cielo sarebbe intervenuto ancora (cfr. I Quaderni del 1944, pp. 54.285).

Commettono perciò un grande errore coloro i quali con superficialità spaventosa, sembrano asserire che Maria Valtorta debba essere stata infallibile. Invece di andare a caccia dei peli nell’uovo rimaniamo colpiti da questa Opera di sapienza e di misericordia che è il Poema dell’uomo Dio e che è il complesso degli scritti Valtortiani; e pensiamo che questa Valtorta ha scritto a letto; ha scritto con poca luce; ha scritto in qualsiasi ora del giorno e della notte; ha scritto anche per molte ore e quindi può, a volte, anche aver commesso qualche errore soprattutto nel descrivere o nello scrivere.

Tuttavia se ha sbagliato o confuso pietre con mattoni, un fiore con un altro, una pianta con un’altra, possiamo anche concederlo, ma nessuna confusione nel soprannaturale. Se ci sono delle sviste queste devono essere piccole, molto piccole, altrimenti tutto viene invalidato. La validazione scientifica non è cercare il pelo nell’uovo, ma la giusta verifica che la prudenza richiede prima di prendere tutto per vero solo perché infiamma il cuore.

Chi è infallibile nello scrivere? Chi può invece di “mi” non scrivere “non”? Chi può non imbrogliarsi mai nello scrivere? Sarebbe un miracolo straordinario se Maria Valtorta non si fosse sbagliata mai; un miracolo straordinario sarebbe.

Però questa nota mostra l’errore dovuto alla fretta con la quale è stata messa insieme la prima edizione, in quattro grossi volumi: “Quando, cammin facendo, o rivedendo le bozze, ci si imbatteva in frasi che ritenevamo dover eliminare perché sembrava non filassero come idee o come forma, il sistema era invariabilmente identico: amputazione pronta o correzione arbitraria” (Il Poema dell’Uomo-Dio II ed. p. XLI). Sembra che la fretta divorasse i redattori e tra questi anche padre Berti, proprio lui, che era accademico, eccetera. E qui nasce un piccolo sospetto. Maria Valtorta venne assentata da questo mondo nel 1955. Ma il primo volume (su quattro) uscì un anno dopo e l’ultimo nel 1959. Anche se i lavori di composizione testuale e tipografica iniziarono agli inizi del 1950, tuttavia si può ipotizzare che se fosse stata cosciente e avesse visito i limiti imposti ai suoi scritti, avrebbe bloccato il tentativo di far quadrare, secondo le idee dei redattori, i racconti?

Che cosa dico io, del fenomeno Valtortiano? Mi voglio esprimere con la più grande serenità, con nessun fanatismo. Io odio i fanatismi. Questa assoluta mancanza di fanatismo voglio che sia in me anche a riguardo di Maria Valtorta; tanto più che Maria Valtorta io l’ho soltanto servita. Non sono stato suo direttore spirituale, come qualcuno ha detto erroneamente; non sono stato suo confessore.

In realtà, l’idea di padre Migliorini era proprio quella: convincere il confratello a subentrargli in tutto, compresa la direzione spirituale. Maria Valtorta rifiutò l’offerta in nome della libertà di coscienza, indispensabile anche in questo campo

Questo fa sì che la mia testimonianza valga un po’ di meno e un po’ di più. Un po’ di meno perché la testimonianza di uno che non ha conosciuto il fondo spirituale dell’anima di Maria Valtorta. Questo è un po’ un inconveniente, un po’ una mia debolezza, ma è anche una mia fortezza perché io non sono legato da segreto alcuno sacerdotale o professionale; io posso liberamente parlare di Maria Valtorta perché non ne ho diretto l’anima, non ho ascoltato le sue virtù e i suoi peccati. Non sono stato suo direttore spirituale e non sono stato suo confessore. Che cosa allora ho fatto io per Maria Valtorta? Ho letto gli scritti una sola volta.

Incredibile ma vero, perché evidentemente una vera e propria montagna di cose gli sono sfuggite e, anziché approfondirle, benché accademico, ha aspettato altri che lo facessero. Il caso di “Galeno” è l’esempio più eloquente: “A conferma di simile interpretazione vien fatto notare, dal punto di vista storico, che se nel volume 2°, a pag. 597, si dovesse realmente leggere «Galeno», e nel vol. 7° a pag. 1792, si trattasse di Ermogene «filosofo», vissuti ambedue qualche secolo dopo di Cristo, ci troveremmo in presenza di due impressionanti anacronismi, i quali costituirebbero un duplice argomento forse decisivo contro l’origine soprannaturale straordinaria dell’Opera; poiché se è poco credibile che Gesù citi autori futuri, è assolutamente incredibile che gli interlocutori li conoscano, individuino e chiamino col loro nome” (settimo volume della seconda edizione del Poema dell’Uomo-Dio, p. 1861). A risolvere questi e altri problemi c’è voluto che il prof Fernando La Greca dell’Università di Salerno, col suo testo “Gesù e il mondo Greco-Romano” svelasse l’enigma.

Ricordo che un mio caro amico dom Franco Bertolotti, monaco di Subiaco, sa che esiste una persona la quale ha letto il Poema e tutti gli scritti 18 volte; io sono piccolissimo, una formichina, ho letto una sola volta tutti gli scritti, per servire, per annotare. Scrissi le prime note necessarie nel 1959 e poi scrissi tutte le note a cominciare dal 1960 fino ad oggi 1980; 20 anni di lavoro; 15 di lavoro intenso dalla mattina fino alla notte.

In effetti questa è la sua gloria umana, e bisognerebbe dargliene atto. Purtroppo il suo scontro – proprio sulle note – con l’editore Emilio Pisani  ha provocato una tale rottura da eliminare tutto il suo lavoro sui testi, fino a estrometterlo completamente e farlo dimenticare senza sostituirlo con un lavoro analogo. Anche questo dice la profondità e l’asprezza delle loro divergenze.

Questi ultimi anni, ormai colpito da gravi malattie, lavoro di meno e soprattutto non lavoro mai solo ma con un aiutante, perché dopo le malattie delle quali parlerò io ho avuto bisogno di essere aiutato, ed un nucleo di confratelli mi hanno aiutato e mi stanno aiutando, insieme anche ad alcuni laici ai quali io sono molto grato. Tra questi aiutanti ricordo il Padre Maggi, il Padre Choote, il Padre Crociani, il Padre Tartamella, il Padre Maggioreni, il Padre Lai, il Padre Curti Vay. Mi hanno aiutato. Io ho fatto le note teologiche, soprattutto le note bibliche e ho notato 2 cose molto importanti:

Solo leggendo “Il Libro d’Azaria” (prima edizione), si può comprendere la profondità delle note di questi rev.mi padri Servi di Maria. Se ne resta ammirati e si prova un certo profondo sgomento pensando che tutto questo faticosissimo lavoro è stato gettato via, avendolo eliminato nelle edizioni successive e attuali.

1) Maria Valtorta nei suoi scritti è sempre in armonia con la fede, è sempre in armonia anche con la migliore e più accreditata dottrina cattolica, sempre in armonia con la Divina Rivelazione, sempre in armonia (o almeno non in disarmonia) con la migliore dottrina cattolica. I libri di Maria Valtorta si possono leggere tranquillamente, essi illuminano, essi infiammano, mai allontanano dalla Fede, mai allontanano dalla Chiesa, mai allontanano da quella che noi riteniamo essere la dottrina più solida, più seria, ammessa nella Chiesa Cattolica, anche in questo tempo di pluralismo (come si suol dire).

Questa affermazione è certamente importante, ma è stata fatta dimenticare anziché ampliarla a dismisura, perché fosse riconosciuta da tutti e in particolare dalle Autorità della Chiesa. I cacciatori di errori dottrinali, spesso cavillosi, nei vari testi valtortiani, hanno sempre fallito nelle loro ricerche. Perfino l’articolo dell’Osservatore Romano – già citato – parla di “sviste storiche, archeologiche ecc.” (ma ha lasciato ai posteri di verificarlo) senza mai parlare di qualche errore dottrinale. In un articolo critico del giornale più prestigioso del mondo cattolico, ci saremmo aspettato questo, ma non hanno trovato nulla contro Maria Valtorta e la sua Opera. E lo ripeto, nulla. Sarebbe bastata una svista negli scritti valtortiani perché gridassero le loro ragioni, ma non l’hanno mai trovata o, molto probabilmente, purtroppo neanche cercata.

2) Un’altra considerazione importante. Ho letto una volta sola, come ho detto, gli scritti di Maria Valtorta, ma per annotarli; quindi li ho letti studiandoli, li ho letti penetrandoli, li ho letti soppesandoli, li ho letti limandoli, andando a caccia delle difficoltà, dei punti da chiarire e rimanendo impressionato delle perle meravigliose o di chiarezza maggiore, o anche, in qualche modo, di completamento di ciò che noi sapevamo ma non conoscevamo con tanta completezza. Ricordo un santo vegliardo, gran protettore degli scritti Valtortiani, l’Arcivescovo morto ultracentenario Alfonso Carinci, il quale diceva: “Non ho mai letto uno scritto così perfetto e così chiaro e così profondo sul Purgatorio”.

Bravissimo Mons. Carinci. La sua testimonianza è grande, ma quando il Card. Ottaviani si è mosso, anche lui non ha potuto far niente, ha dovuto subire in silenzio e chissà con quanto dolore.

Lui, il quale era solito dire, credendo alla fallibilità di Maria Valtorta: “La figliola può aver capito male, può aver visto male, può aver scritto male”. Vedete, ammirazione ed equilibrio. Questi sono gli uomini i quali hanno capito gli scritti di Maria Valtorta e questi sono gli uomini i quali hanno potuto parlare con competenza degli scritti di Maria Valtorta.

Però non sarebbe stato male se avesse messo qualcosa di positivo detto o scritto da lui. Invece tutti sembravano, a quel tempo, posseduti dal desiderio di ricercare errori nel testo valtortiano. Invece del positivo enorme presente da approfondire, confrontare, accogliere, scavare, si fermano ai temuti errori magari cercando di giustificarli. Invece di difenderla dalle interpretazioni maligne avrebbero dovuto gridare i tanti dettagli importanti scoperti. Avrebbero potuto dimostrare perché e come sono importanti, perché questi testi sono meravigliosi e veri (anche se necessitano sempre di accurato discernimento). Gesù usa quattro volte il titolo “dottori del Cavillo” a questi amanti della precisazione dottrinale e che ben si addice a molti contemporanei di Maria Valtorta.

Ho detto, umilmente e con verità, di aver letto gli scritti di Maria Valtorta per servirli; però io ho un vantaggio su tutti gli altri; io ho letto tutti gli scritti di Maria Valtorta, anche quelli finora inediti. Presto uscirà un bel volume: I QUADERNI DEL 1944; li ho letti, una volta sola, per annotarli, ma li ho letti.
Fra 2 anni forse uscirà l’ultimo volume degli scritti mistici di Maria Valtorta, un volume di “miscellanea” di scritti fra il 1945 e il 1953. Io li ho letti; nessuno li ha letti. Così pure, c’è l’epistolario fra Maria Valtorta e il Prof. Ferri.
Il Prof. Ferri, un grande scultore, pittore e disegnatore, mio caro amico, io lo presentai a Maria Valtorta e Maria Valtorta, nel 1950, cominciò a riceverlo in casa e leggeva un brano, oppure raccontava il contenuto di un brano o raccontava un fatto o spiegava una persona e guidava il Prof. Ferri.
Queste son cose che sono scritte di qua e di là ma poi si trovano tutte condensate nelle lettere che io ho letto. Bene, Maria Valtorta guidava il Prof. Ferri.

Ecco la prima grande novità qui svelata : esiste un epistolario Valtorta-Ferri di cui non si sa nulla. Potrebbe essere molto importante, nei contenuti, che “si trovano condensat[i] nelle lettere”. Auspichiamo, come padre Berti stesso, la veloce pubblicazione anche di questo epistolario.

Monsignor Cerri, di Nettuno, ha pubblicato un bel libro intitolato “La Santa Sindone e le intuizioni mistiche di Maria Valtorta”. Ma quando, a Dio piacendo, uscirà il volume dell’epistolario Valtorta-Ferri sarà necessario che Mons. Cerri faccia una nuova edizione rifusa del suo bel libro, perché nell’epistolario Valtorta-Ferri e viceversa troverà tanti elementi sia riguardanti la Sindone, come riguardanti la Passione di Gesù, gli Apostoli ed altri personaggi. Pensate, in questi epistolari voi troverete la descrizione dei nasi e degli orecchi degli Apostoli, per dire le minuzie.
La Valtorta guidava il Prof. Ferri nelle minuzie e poi gli diceva: “Fermo, non tocchi più che sciupa tutto” e Ferri tornava a Roma e quando era a Roma, così lui scrive, non era più capace di lavorare così bene come quando lavorava a Viareggio, accanto al letto della Valtorta, illuminato e guidato dallo spirito e dalle parole della Valtorta stessa.
Sono elementi molto importanti, ignoti si può dire a quasi tutti; a poche persone, testimoni oculari come me, sono noti questi particolari, ma agli altri non sono noti. Non si può quindi giudicare in maniera sommaria del fenomeno Valtortiano che è grandioso e del quale noi, anche come italiani, dobbiamo essere fieri.

Negli anni 1980 un reverendo sacerdote di Torino ha scritto un testo spaventoso di inutili e sbagliate critiche contro la persona di Maria Valtorta. Infondate e preconcette critiche, proprio perché si era basato solo su una parte degli scritti. Se fossero stati pubblicati i testi che padre Berti dichiara esistenti e ancora inediti oggi, probabilmente non avremmo dovuto subire anche questa aberrazione.

Ricordo che quando alcune persone non illuminate volevano stroncare il fenomeno Valtortiano, distruggere tutti i manoscritti, distruggere tutti i dattiloscritti, io andai dal Presidente della Repubblica Italiana Luigi Einaudi e gli dissi: “Eccellenza, salvi, con il suo potere di Presidente della Repubblica, salvi questo monumento nazionale letterario e spirituale italiano che è il complesso degli scritti di Maria Valtorta”. Egli, per la verità, mi accolse molto gentilmente, ma poi nulla fece.

E bravo padre Berti. Ha messo sotto sopra il mondo pur di far riemergere gli scritti di Maria Valtorta dai due buchi neri in cui l’avevano cacciata: la messa all’indice e il tentativo di riduzionismo devozionista dei testi. È anche vero che la veste spiritista che anche lui le aveva cucito addosso, ha contribuito non poco a questa messa in ombra. In ogni caso i suoi sforzi non sono serviti a tirarla fuori. Sarebbero passati decenni prima che emergesse qualcosa di molto serio e vero. D’altra parte, l’aveva detto Gesù stesso a Maria Valtorta: “La verità, che va detta, è che l’opera non può trionfare perché gli uomini, ancora una volta, non vogliono Gesù”.

Ma il Signore provvide, e piano piano gli scritti di Maria Valtorta, non soltanto sono stati nascosti e conservati ma sono stati anche pubblicati a cura della Casa Editrice Pisani – Isola del Liri – presso Frosinone, in Italia, e ormai sono diffusi si può dire un po’ in tutte le Nazioni, perché in tutte le Nazioni del mondo si trovano sacerdoti che hanno studiato in Italia e in tutte le Nazioni del mondo si trovano emigrati italiani. Sono a milioni gli emigrati italiani disseminati un po’ ovunque nel mondo; e dappertutto, si può dire, si sono diffusi gli scritti di Maria Valtorta.

Questo è stato il provvidenziale strumento usato dal Buon Dio per far conoscere i testi Valtortiani. Poi sarebbero arrivate le varie traduzioni. Ma questo è un capitolo particolare che padre Berti non tratta. Se tradurre i testi è cosa buona, resta comunque il problema del valore della traduzione. Se questa è erronea più che traduzione può diventare un vero e proprio tradimento.

Ed ora voglio parlarvi dell’ultimo mio lavoro. Perdonatemi, è una testimonianza mia, scusatemi se parlo di quello che io so.
Nel 1979 ebbi l’ispirazione, diciamo, di scrivere le mie Memorie Valtortiane, anche data la mia malferma salute (due infarti, una trombosi, due cataratte, quattro volte al pronto soccorso) io ho sempre pensato che il Signore mi potesse richiamare da un momento all’altro e pensai di scrivere le mie Memorie Valtortiane che ho scritto lo scorso anno. Un volumone di circa 400 pagine; non sono pagine piene, ci sono molti spazi vuoti, perché l’ho scritto in forma di Dizionario riservando ad ogni persona una pagina, anche se su quella persona io potevo scrivere soltanto 4 o 5 righe. Quattrocento pagine. Ora ·sto studiando questo lavoro per vedere se fare alcuni supplementi ed ho trovato, per ora, altre 27 voci da aggiungere e piano piano le sto aggiungendo.
Questo dizionario di persone Valtortiane, quante belle espressioni contiene; ne ricordo una: la Professoressa Giuseppina Azzaro, cultrice di Santa Caterina da Siena, quella grande dottoressa della Chiesa.

Povero padre Berti. Non si può dire altro. Questo quattrocento pagine di memorie sarebbero utili anzitutto agli “addetti ai lavori” per capire il mondo di Maria Valtorta e lei stessa, ma sembrano sparite, quando la Chiesa stessa è interessata a conoscere questa importantissima testimonianza. Con padre Berti una parte importante dell’ambiente che circondava la nostra scrittrice è stato schiacciato e silenziato, impedendo di conoscerlo. Anche questo ha danneggiato Maria Valtorta, lasciando immaginare che il letto/clausura di lei fosse a mezzo metro da terra, separato dal mondo e senza rapporti con esso.

Un giorno andai ad ascoltare una conferenza della Prof.ssa Azzaro e di suo marito l’On. Avv. Giuseppe, Sottosegretario alle Finanze. Ambedue parlarono, in conferenze distinte, di Santa Caterina da Siena. Dopo la conferenza mi avvicinai alla Signora per farle un complimento, per compiacermi con loro, perché veramente erano stati egregi, ma poi anche per parlare di Maria Valtorta, dissi: “Professoressa, ora nella Chiesa noi abbiamo un’altra Dottoressa della Chiesa, Essa è Maria Valtorta; una seconda Caterina”. La Prof.ssa mi rispose: “No, padre, Maria Valtorta non è una seconda Caterina, Maria Valtorta è un unicum, è un fenomeno unico”. Tante di queste espressioni si trovano in questo mio libro delle Memorie Valtortiane.

Addirittura meglio della compatrona d’Italia, santa Caterina da Siena! Splendida frase perché detta da una specialista della materia, e senza essere costretta a farlo. Anche questa, insieme a tante altre testimonianze, sono finite nel dimenticatoio: una vera e propria tragedia.

Questo libro ora è segreto, diciamo, perché io ne ho fatte pochissime copie e le ho date alle persone che più stimo in campo Valtortiano e che sarebbe bene scrivessero anch’essi la propria deposizione, come io sto facendo; la propria testimonianza oculare su Maria Valtorta.
Una è la Signorina Marta Diciotti, la quale visse per circa 30 anni a fianco dell’inferma Maria Valtorta, a un metro di distanza, oppure a un centimetro di distanza perché il letto di Marta distava forse neppure un metro da quello di Maria, ed essa l’aiutava in tutto, tranne che in una cosa, non l’ha mai aiutata in una cosa sola: non l’ha mai aiutata nello scrivere, perché Marta non ha mai dato un libro a Maria Valtorta perché studiasse, perché copiasse.
La piccolissima e spregevole, si potrebbe dire, libreria di Maria Valtorta (due o trecento libretti) era chiusa a chiave e la chiave custodita dalla terribile mamma.

Altra testimonianza inoppugnabile del sacrificio di Marta Diciotti e nello stesso tempo che i libri di casa Valtorta, fino all’ottobre 1943, erano da lei inutilizzabili perché chiusi a chiave. Poi li usò liberamente e li accrebbe, ma senza cambiarne la genericità. Cioè rimase una biblioteca generica, di famiglia, senza interessi particolari. Oggi, dopo che è stato fatto un libretto sull’elenco di questi libri (purtroppo non completamente chiaro sul numero), abbiamo la certificazione assoluta che non c’è nessun rapporto tra quei libri e quanto lei ha scritto.

Maria Valtorta perciò anche per questo non poté leggere nulla; essa non poteva scendere dal letto e Marta non le dava libri perché era proibito dare libri come era proibito aprire la piccola scansia dei libri. Tutte cose belle che molti non sanno; e si va dicendo così in quattro parole che il fenomeno Valtortiano è un fenomeno di sola scrittura di romanzo, o qualche cosa di simile. Quale romanzo? Ma quando il grande Manzoni scriveva, correggeva e correggeva. La Valtorta scriveva di getto e negli scritti mistici non correggeva mai; nelle sue lettere personali sì, ci sono tante correzioni, ma negli scritti mistici non ci sono correzioni.

Proprio la differenza straordinaria di quando scriveva per sé – le lettere – e quando faceva da portavoce attiva (le descrizioni sono sue) per il Cielo, sono un’indicazione che quanto scriveva non veniva da lei.

Il grande Pio XII, quel sapientissimo Papa, tanto favorevole a Maria Valtorta, disse a me, io l’ho sentito con i miei orecchi: “Pubblicate quest’Opera così come sta. Chi legge capirà!”.

I tempi vissuti da Pio XII lo hanno visto denigrato in ogni modo: lui, che era un mistico vero ostracizzato colpevolmente dall’intellighenzia del suo tempo (e di dopo), e indifeso forse per la vigliaccheria dei suoi, aveva capito il valore mistico di Maria Valtorta. Stessa cosa per il valore globale dei suoi scritti, per il quale ha cercato di difenderla come poteva. Probabilmente aveva percepito che non si trattava di invenzioni di una mente malata, ma non potendo andare oltre una certa autorità fece solo questo invito. Purtroppo anche di questo importante incontro, seppur riportato più volte, non abbiamo un resoconto “ufficiale”.

Il sapientissimo Pio XII correggeva e ricorreggeva, e confidava al suo amico Mons. Alfonso Carinci: “Eccellenza, a volte, per scegliere una parola io ci sto sopra un’ora”. La Valtorta non ci stava sopra un minuto. Su ogni parola stava sopra quel tempo strettamente necessario per scrivere quella parola; non rifletteva; se veniva interrotta ricominciava. “Signorina, cosa devo dare al calzolaio che ha risuolato le scarpe?  – Dia duemila lire”, poi ricominciava subito a scrivere i suoi scritti mistici. Chi è capace di questo? “Signorina, come si fa la zuppa di pesce? – Così e così”; e poi si rimetteva a scrivere.
Io vivo in una Facoltà Teologica in mezzo a professori, da 50 anni, e a volte vado a bussare alla porta di un professore e lo trovo immerso negli studi e mi dice: “Vai via, vai via che perdo il filo, m’hai fatto perdere il filo”. Maria Valtorta non perdeva mai il filo, e non correggeva. Ma questo è un fenomeno! Che va studiato! Non si può spiegare o credere di spiegare buttando là una frase qualsiasi. Era una persona che aveva il talento della romanziera. Credo di aver spiegato tutto. Non è vero! Prima di tutto perché ho detto che non tutta la produzione Valtortiana è di indole romanzesca; semmai il Poema è una vita di Gesù bellamente, egregiamente romanzata, ma il resto non può spiegarsi così; assolutamente non può spiegarsi così. E bisogna tener conto di quel che diceva Maria Valtorta, che era una persona onesta, persona umile, che non si gloriava, che non parlava di sé, o se parlava di sé, non parlava dei suoi doni; ne parlava tanto quanto era strettamente necessario: “Il Signore mi dice; per bontà Sua mi dice; io non c’entro; Lui mi ha detto così; io ho sentito così; io scrivo così perché ho sentito così”.

Ma non è solo lo scrivere di getto e senza correzioni che dice la straordinarietà degli scritti, quanto il fatto della complessità delle situazioni e dei personaggi insieme alla omogeneità dell’insieme, senza mostrare mai dei vuoti senza senso. Questo intreccio poderoso e la quantità di tempo usata mostra che non è solo scritto suo. Ci vuole una causa esterna e ben superiore a lei per dar ragione di tutto questo contemporaneamente.

Bisogna tener conto di queste umili confessioni di Maria Valtorta, e non escludere ciò che nella Chiesa di Dio non si esclude, perché non si esclude che tanti Santuari siano nati in seguito ad un ordine della Madonna, non si esclude! Perché, se non si esclude che la Madonna abbia parlato in quel posto o in quell’altro, si deve escludere, necessariamente, che abbia parlato in quest’altro posto, a quest’altra persona? Non è scientifico questo modo di agire, non è scientifico! È superficiale! Va bene soltanto per coloro i quali si contentano di tutto, ma è superficiale, non è scientifico, non è rigoroso, non è umile, non è che tenga conto della dignità dovuta ad ogni persona umana.

Interessante e molto bello che parli di metodo scientifico e cioè rigoroso. Perfettamente condivisibile ovviamente. Ma com’ha fatto ad ascoltare seriamente il mondo medianico/spiritista? Enigma che probabilmente solo in Paradiso verrà scoperto.

Torno un momento indietro. Prima avevo parlato dell’Epistolario Valtorta-Ferri e viceversa; mi viene in mente l’Epistolario Bottai-Valtorta e viceversa.
Chi era questo Bottai? Era un funzionario delle ferrovie dello Stato; pignolissimo, e nelle sue lettere sottopone Maria Valtorta ad un incalzante interrogatorio. Per esempio, le chiese: “Quante volte ha visto nostro Signore Gesù Cristo?” E Maria Valtorta rispondeva, non so come facesse: “720”; forse glielo aveva ricordato l’Interno Ammonitore, quello che Essa chiamava Interno Ammonitore, cioè il suo Angelo Custode, Azaria. Può darsi, comunque: “Ho visto Gesù 720 volte” con molta semplicità.
Era molto semplice Maria Valtorta e non si deve escludere che Essa sia stata veritiera dato che noi sappiamo (almeno noi testimoni oculari sappiamo) che Essa non diceva bugie; se non forse, se qualche volta gliene scappava una, quasi non volendo, come un po’ a tutti quanti i mortali.

Sorge un altro enigma, sull’archivio: che cosa contiene? Quanto è grande? Dov’è finito? Chi lo detiene? Perché nulla è stato pubblicato nonostante siano passati sessant’anni dalla morte di lei?

Ho detto di avere scritto le mie Memorie Valtortiane che, per ora, sono chiuse, perché ne ho fatte poche copie e le ho date: al Prof. Albo Centoni di Viareggio, perché le riguardi, soprattutto dal punto di vista letterario, togliendo gli eventuali errori, o orrori, letterari; un’altra copia l’ho data a Marta Diciotti, predetta, la quale essendo vissuta ai fianchi di Maria Valtorta circa 30 anni, sa tutto di Maria, quindi è in grado di completare le mie lacune e correggere i miei eventuali errori; un’altra copia è stata mandata a M.T.M., una persona misteriosa, che ama molto di rimanere nell’ombra e che noi dobbiamo lasciare nell’ombra; è una monaca di clausura, amica intima di Maria Valtorta.
Io non so se questa M.T.M. leggerà, perché è anziana, perché è malata; non so se leggerà le mie memorie e le correggerà; comunque, per rispetto e in considerazione del suo valore io le ho fatte avere anche a lei perché, possibilmente, queste mie memorie escano limate, completate e perfezionate.

Il monastero delle Clarisse di Camaiore (LU) custodisce dunque questo testo di padre Berti. Anche da qui però non è mai uscito. L’importanza di Madre Teresa Maria, di cui sono stati pubblicati due libri di lettere, è grande nella vita di Maria Valtorta e in particolare dal 1946 in poi. Ricordarlo e ricordarla è doveroso e utile per capire la santità di Maria Valtorta.

Io non so se un giorno verranno pubblicate, so però che il Prof. Albo Centoni predetto ha interrogato tutti i testimoni oculari; ha inciso su magnetofono le deposizioni di tutti i testimoni oculari ed ha preparato il volume con le deposizioni di tutti i testimoni oculari. Chissà, forse un giorno anche questo mio volume potrà vedere la luce, io non lo so, comunque, anche quel lavoro è stato fatto.
Il volume predetto delle mie memorie l’ho dato anche, in una copia, al Dott. Emilio Pisani, molto benemerito, perché il Babbo Suo, il cav. Michele Pisani si accinse a pubblicare i libri di Maria Valtorta quando erano, per così dire, condannati a morte. Fece una grande opera di fede e di fiducia.

È sempre doveroso il ringraziamento a chi ha salvato gli scritti Valtortiani, da parte di tutti coloro che capiscono il valore spirituale e rivelativo dei testi stessi. Se Michele Pisani, Emilio Pisani e padre Corrado Berti non si fossero esposti pubblicamente, probabilmente tutti i manoscritti di Maria Valtorta giacerebbero in qualche scantinato della Santa Sede o di qualche convento, da cui sarebbe impossibile farli uscire. Ma così la Divina Provvidenza non ha voluto, e tutta l’opera si è salvata. Da questo momento in poi perciò le cose cambiano: i manoscritti col loro contenuto non sono il problema, basta copiarli e stamparli come sono. Da adesso in poi la preoccupazione riguarderà le modalità redazionali, editoriali e tipografiche. Allora dobbiamo capire perché neanche Emilio Pisani ha pubblicato quest’opera certamente importante. Le illazioni potrebbero essere molte. A noi basta segnalare la difficoltà sperando in una veloce soluzione.

Io ricordo ancora che predissi al cav. Pisani la catastrofe, ma P. Migliorini mi interruppe e mi disse: “Ormai lo ha ammonito 3 volte, ora basta!”. Ed io mi misi zitto. Il cav. Pisani, nel 1950, cominciò a preparare le bozze della prima edizione. Dal 1960, chi si occupa degli Scritti di Maria Valtorta è il figlio del cav. Michele, cioè il Dottore in Legge, ben preparato, Emilio, il quale ha fatto in modo che i volumi nella seconda e delle seguenti edizioni uscissero tutti strettamente conformi agli originali Valtortiani; perciò i volumi che noi abbiamo leggiamoli tranquillamente; essi rappresentano, con tutta la perfezione consentita alle persone di questo mondo, si capisce, rappresentano l’Opera così come è uscita dalla penna di Maria Valtorta, come è contenuta nei quaderni autografi di Maria Valtorta.

Questa vorrebbe essere la certificazione che i testi stampati riportano esattamente quello che Maria Valtorta ha faticosamente scritto. Come però abbiamo riportato sopra, la prima edizione non fu così aderente. Le successive, forse. Gli spostamenti fatti, i tagli delle note di padre Berti, le diverse divisione dei libri nelle varie edizioni, fanno sorgere qualche dubbio. Una reale certificazione accademica manca e questo crea problemi in chi legge Maria Valtorta.

Marta presta al Dott. Pisani i quaderni ed egli li fa riprodurre esattamente nelle bozze e poi nella stampa. Anche il Dott. Emilio Pisani, perciò, l’ho pregato di rivedere le mie Memorie Valtortiane, soprattutto perché egli conosce tutta l’eco che questi libri producono in migliaia e migliaia di lettori, con i quali egli si tiene in stretta relazione.

Queste righe mostrano la santità personale di padre Corrado Maria Berti. Dopo la rottura col dott. Pisani avrebbe potuto in qualche modo inveire e vendicarsi con parole acre e dure. Invece ha seguito Gesù fin sulla croce: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Silenzio e ancora silenzio insieme a benevolenza e, dunque, perdono. Per capirne la profondità invito a leggere e confrontare queste parole con quanto Emilio Pisani scrive in “Pro e contro Maria Valtorta”, 20176, pp. 17-52: “Dedicato a Padre Berti”. Il silenzio soprannaturale di padre Berti è esemplare. Visto che ha scritto questo testo qualche mese prima di morire e comparire davanti al Signore, credo che questa sua capacità di perdono, segno d’amore soprannaturale di cui era posseduto, gli sia valsa tanta Gloria eterna.

Vorrei davvero che anche queste mie Memorie Valtortiane fossero limate, perfezionate e completate e in un domani potessero anche essere pubblicate, ma insieme a tutte le altre Memorie Valtortiane, affinché i futuri studiosi di nulla manchino, abbiano non soltanto tutta la produzione letteraria ma anche tutto quello che in qualsiasi modo può aiutare gli studiosi.

Non posso che auspicare vivamente che questo si realizzi quanto prima. E in più proprio ora che sappiamo – perché provato e constatato – il valore unico dei testi Valtortiani, speriamo che sia dato a chiunque studia Maria Valtorta il libero accesso a tutto l’archivio, senza che un tale tesoro soprannaturale resti sottomesso neppure a limitazioni arbitrarie e – lo dico come benevola provocazione – economiche.

Da quanto abbiamo detto appare che· per scrivere sulla Valtorta bisogna essere bene informati e non procedere superficialmente. Per rendersi conto della complessità del fenomeno specialmente dal punto di vista storico, geografico e dottrinale, può essere utile la consultazione degli indici, particolarmente della carta geografica accuratamente preparata dal Sig. Hopfen, ingegnere tedesco della FAO, con circa 25 redazioni.

Questo testo, tutt’ora in commercio, è ancora valido per la cartina geografica sempre annessa al testo, ma l’indice è stato fatto su una edizione del “Poema dell’Uomo-Dio” che non è più né stampato né venduto. Dal 1993 è stato sostituito con “L’Evangelo come mi è stato rivelato”. Di conseguenza anche le pagine di riferimento non sono più le stesse. Una revisione generale della seconda parte del testo è ovviamente auspicabile.

Sempre di lui si consulti l’accurato indice per il Poema dell’Uomo-Dio. Per gli altri libri Valtortiani invece si tenga conto degli indici preparati dal Dott. Emilio Pisani.
Per farsi un’idea panoramica e anche dettagliata della dottrina Valtortiana si consulti inoltre l’Indice delle note agli Scritti valtortiani editi fino a tutto il 1975, preparato da P. Corrado M. Berti O.S.M..

Tutte cose superate, e mai rinnovate.

CONCLUSIONE
Sarò breve e stringato. Poche righe.
In filosofia vi era e forse vi è ancora un principio severo di metafisica: “Effectus non est maior sua causa“, cioè l’effetto non può essere superiore alla sua causa. Ora, Maria Valtorta era intelligente, scrittrice per nascita e fornita di discreta cultura. Ma la sua cultura o preparazione sia remota che prossima, era certamente di gran lunga inferiore a quella che manifesta nella Sua produzione spirituale o dottrinale o mistica che dir si voglia (10 volumi del Poema e 5 di altri argomenti vari teologici o spirituali).
Soltanto l’Autobiografia e gli altri Scritti epistolari e autobiografici si spiegano con la perizia e la cultura valtortiana; ma i 15 volumi dottrinali non si possono spiegare soltanto con tale perizia e cultura, altrimenti si avrebbe un effetto superiore alla causa, cosa metafisicamente impossibile e assurda.
Non bastando perciò, come diceva Enrico Medi, una causa naturale a spiegare l’effetto della produzione dottrinale valtortiana, si deve andare in cerca di una causa soprannaturale.
E, come per altre persone simili, sembra doveroso e rispettoso accettare la causa che Maria Valtorta indica, perché era persona umile, onesta (se non santa) e veritiera.
Ora, la causa superiore indicata da Maria Valtorta a noi testimoni oculari e a tutti i lettori consiste in visioni e dettati soprannaturali; visioni che essa contemporaneamente descriveva con la Sua perizia innata di scrittrice, non dotata però di inerranza o infallibilità; dettati, che essa trascriveva, mentre li udiva, con la fedeltà consentita ad ogni umano strumento, non dotato di quella inerranza o infallibilità concessi soltanto agli autori della Bibbia o ai Papi e ai Concili Ecumenici definienti. E questa umana fallibilità spiega gli eventuali errori che potranno essere indicati da veri competenti posti però soltanto a servizio della verità e della carità. Non dunque da gelosi e lividi oppositori.

Finalmente padre Berti accetta l’Opera Valtortiana come soprannaturale e in questo modo cancella alcune sue aberrazioni avvenute anni prima. Molto ha fatto padre Berti, molto ha cercato di fare, c’è solo da sperare che verso di lui l’ostracismo cessi completamente e le sue note, i suoi promemoria, i suoi appunti, i suoi schemi, siano pubblicati tutti e interamente.

Roma, 20 febbraio 1980
p. CORRADO M. BERTI
dell’Ordine dei Servi di Maria
Collegio Internazionale S. Alessio Falconieri Viale Trenta Aprile, 6 – Roma