4 – L’arbiter elegantiae non è uno dei “piccoli”!
Il cristianesimo sbarca in Italia, ma non trova accoglienza entusiastica presso gli intellettuali del mondo latino. Lo testimonia il romanzo di un aristocratico snob quale Petronio Arbitro, maestro di eleganza e scrittore raffinato – arbiter elegantiae –, che attua nel suo Satyricon l’inversione parodistica dei modelli greci: l’amore casto, tra un giovane e una ragazza, che resiste alle avversità e ai pericoli, risulta rovesciato nei triangoli erotici omosessuali che intrecciano i dissoluti protagonisti della vicenda. Se l’eroe dell’epica portava a termine con difficoltà l’impresa eroica per l’ostilità di una divinità avversa, gli ostacoli per il giovane Encolpio provengono dalla mancata assistenza, nel momento fatidico, della divinità che presiede ai genitali maschili. Date queste premesse, la satira di Petronio verso il cristianesimo non poteva essere che altamente pungente e mordace. Infatti il Satyricon sembrerebbe celare diversi riferimenti al mondo giudaico e cristiano, che viene ridicolizzato attraverso la figura grottesca e triviale del liberto Trimalcione, che porta un nome impegnativo e curiosamente giudaizzante (tri con significato intensivo, associato alla radice semitica mlk, portatrice dell’idea di regalità, il “tre volte re”) atto a esprimere il suo volgare esibizionismo. Nel Vangelo di Marco si narra l’unzione di Betania: una donna unge il capo di Gesù, una prefigurazione dell’imminente sepoltura del suo corpo. Trimalcione apre un’ampolla di nardo (ampullam nardi, le stesse parole della vetus latina, la traduzione latina dei Vangeli prima di san Girolamo) ed unge i convitati, anticipando il proprio rito funebre. Sui convitati del liberto aleggia lo spettro della morte: uno scheletrino d’argento portato in tavola durante il banchetto, la lettura del testamento di Trimalcione, la descrizione della sua tomba, nonostante l’astrologo gli abbia predetto ancora molti anni. Petronio sta consapevolmente dissacrando l’Ultima Cena? Si confermerebbe quanto sostenuto dalla tradizione a partire da Papia di Gerapoli (tra I e II secolo), che Pietro sarebbe venuto a Roma agli inizi del regno di Claudio (42 circa), e che qui Marco avrebbe composto il Vangelo ascoltando l’apostolo, ben prima della solita datazione tardiva dei Vangeli. Non manca il canto improvviso di un gallo (per il liberto presagio di sciagura e di morte) che nella letteratura greca e romana ha sempre valenza positiva (la vittoria della luce, lo schiudersi delle uova e quindi la vita). Nel passo del Satyricon il gallo è invece detto index, che significa anche denunciatore, accusatore: Petronio sta deridendo il canto dell’animale dopo il rinnegamento di Pietro? E chi è quella matrona di Efeso, casta e fedelissima al marito defunto, che cede alla passione per un soldato addetto alla sorveglianza dei morti? Proprio il terzo giorno un crocifisso viene sottratto e sostituito con un altro cadavere, con la gente che grida al miracolo! Nerone con l’editto di Nazareth sanciva severe punizioni per chi avesse trafugato dolo malo (con cattiva intenzione) i cadaveri, con evidente riferimento alle dicerie ebraiche sulla finta resurrezione di Cristo. Il poetastro Eumolpo inoltre promette agli aspiranti eredi che lascerà tutto il suo patrimonio a coloro che mangeranno delle sue carni. E chi eredita la vita eterna, se non chi mangia la carne di Cristo nel sacramento dell’eucarestia? La partenza tra gli intellettuali è deludente, ma Petronio non pare certo essere uno dei “piccoli” a cui Dio ha rivelato i misteri del regno!