Omelia di S.E. Mons. Paolo Giulietti alla s. Messa in occasione del 61° anniversario della morte di Maria Valtorta

Quella che segue è la trascrizione – non riveduta e corretta dall’autore – dell’omelia pronunciata dall’Arcivescovo di Lucca il 12 ottobre 2022, nella chiesa della Parrocchia di Sant’Andrea Apostolo di Viareggio.

La lettera di Paolo ai cristiani della Galazia prende occasione, come ben sappiamo, dal loro desiderio – indotto da alcuni predicatori giudaizzanti – di praticare la legge di Mosè: verso questo atteggiamento Paolo è molto duro in questa lettera, come abbiamo ascoltato, riconoscendo in questa volontà di legarsi alla legge un’ opera della carne, e la carne è per lui ciò che si oppone, nell’uomo, al disegno di Dio; è ciò che nell’uomo è contrario al progetto di Dio. La legge è opera della carne, lo abbiamo ascoltato anche nel vangelo, perché illude l’uomo che osservando una serie di regole e di divieti possa avvicinarsi a Dio: è un’illusione. Gesù lo dice ai Farisei, anche a quelli che erano sinceramente impegnati nell’osservanza della legge, che erano la gente di chiesa di un tempo, quelli che si impegnavano davvero a rispettare anche i precetti più minuziosi della Torah; eppure questo atteggiamento non salva, perché è sempre l’uomo che tenta di giustificare sé stesso, di accreditarsi davanti a Dio attraverso le proprie opere, attraverso una giustizia che nasce da lui; per questo Gesù è spesso così duro verso i Farisei, verso i maestri della legge come nel racconto di oggi: non è che facciano cose sbagliate, ma è che osservando questi precetti credono di essere vicini a Dio e non si accorgono che ci sono cose più importanti, come per esempio dice oggi il Signore Gesù ai Farisei: la giustizia e l’amore di Dio.

Nel brano dei Galati abbiamo anche un altro riferimento alla carne, questa volta non tanto riferito alla legge ma riferito al peccato, la carne con le sue passioni ed i suoi desideri. Ciò non appartiene al Dio ebreo osservante della legge, quanto piuttosto alla cultura pagana, la carne che asseconda le passioni ed i desideri e che quindi conduce l’uomo – sotto l’apparenza di una grande libertà – lontano da sé stesso e lontano da Dio. Potremmo dire che le due accezioni di carne che oggi ci vengono offerte sono complementari, entrambe non consentono la salvezza, allontanano dalla salvezza, l’una in nome di un’osservanza rigorosa di una serie importante di precetti, l’altra in nome della fedeltà e di una libertà che non vuole alcuna regola: apparentemente opposte, di fatto unite nel rendere impossibile l’adesione al Signore Gesù e la salvezza che viene da Dio.

Queste derive della religione sono rischiose anche per ciascuno di noi: anche noi viviamo da una parte la tentazione di vivere un cristianesimo formale, fatto di pratiche religiose, fatto di osservanza di alcune cose, ma che trascura come facevano i Farisei la giustizia e la carità; ce lo ricorda spesso papa Francesco: si può essere cristiani formalmente corretti, con tutti i documenti ed i bollini a posto, ma essere lontani dal cuore di Gesù. Il papa parla anche di una preghiera senza Cristo: si può anche pregare lontani da Gesù, ripetendo delle parole, facendo dei gesti, compiendo delle pratiche, ma non allineando la propria mente ed il proprio cuore a quello del Signore. Dall’altra parte, viviamo in un mondo dove la libertà è diventata l’ideale che autorizza ogni deviazione, ogni dissolutezza, l’uomo dev’essere lasciato libero di fare quello che vuole perché qui sta la propria dignità: l’uomo che fa quello che vuole, libero da ogni condizionamento, da ogni legame, da ogni responsabilità.

Di fronte a queste derive, che erano vive ai tempi di Gesù, ai tempi degli apostoli, ma che valgono anche ai nostri tempi, perché l’uomo non cambia (cambiano le forme, ma la carne è sempre quella), il Signore, la Parola di Dio che abbiamo ascoltato, ci propone come àncora di salvezza, come via di salvezza, la persona vivente del Signore Gesù: chi segue Te, Signore, avrà la luce della vita. È la relazione con Cristo il cuore della vita cristiana, è la relazione con la persona di Lui che ci salva con il dono dello Spirito, che è quanto di più prezioso e centrale c’è nella nostra fede. Seguendo il Signore, facendoci suoi discepoli, accogliendo il dono dello Spirito, siamo condotti alla vera libertà, e alla vera osservanza della legge, al cuore della legge, alla perfezione della legge ed anche alla perfezione della libertà, perché è la verità di Gesù che ci rende perfettamente liberi, capaci di riconoscere e di scegliere ciò che è davvero buono per la vita, ciò che conduce la vita a pienezza, libera dalle passioni e dai desideri della carne. È l’adesione al Signore Gesù che ci consente di riconoscere e di accogliere ciò che è veramente buono, ciò che è veramente comandamento Suo e che va osservato per entrare nella pienezza della vita: la persona vivente del Signore Gesù è il cuore della nostra fede, è Lui che ci libera dalla carne, dal dominio della carne, e ci sottopone al dominio liberante e vivificante dello Spirito.

Amare Gesù, conoscerLo, seguirLo, accoglierLo è il cuore della nostra fede, quello che ci consente di entrare in rapporto con Dio, non fondato sull’opera delle nostre mani, non deviato da una libertà malintesa, ma invece vissuto nella pienezza dei figli, e l’opera di Maria Valtorta, in fin dei conti, tende a questo: aiutare le persone a voler bene a Gesù, conoscerLo, vedere anche quei lati che gli scritti essenziali dei Vangeli a volte non ci fanno conoscere, con quella sapienza della tradizione cristiana che ha sempre ispirato non solo gli scrittori, non solo i mistici, ma anche gli artisti a farci amare Gesù con tratti di cui naturalmente i Vangeli non parlano: il colore dei suoi vestiti, il colore dei suoi occhi, i contesti in cui avvenivano le cose; eppure noi ci innamoriamo anche perché la nostra sensibilità in qualche maniera viene sollecitata, viene anche soddisfatta nel suo desiderio di vedere, di immaginarsi e di sentirsi dentro le cose, però la finalità è quella di amare il Signore, la finalità è proprio questa: di condurci all’amore di Dio, di condurci all’amore per il Signore Gesù, di riconoscere nella Sua persona vivente la porta attraverso la quale siamo condotti alla relazione con Dio e riceviamo il dono dello Spirito che ci rende pienamente liberi e pienamente felici.

L’opera dei mistici – ma anche l’opera degli artisti e dei letterati in fin dei conti, quando è veramente ispirata – ci conduce qui: tante persone hanno amato Gesù, lo hanno scoperto non grazie ai Vangeli ma arrivando ai Vangeli da altre strade: dalla strada della bellezza, dalla strada dell’intuizione, dalla strada della preghiera, dei mistici. Ecco, l’importante è che tutte queste strade portino al Signore Gesù come i Vangeli ce lo propongono, come la tradizione della Chiesa ce lo fa vivere, come lo Spirito Santo ci guida a riconoscerLo ed amarLo.

Lasciamoci allora liberare ed ammaestrare da Cristo, perché è Lui che ci guida alla vera legge, quella che è conforme al cuore di Dio, che ci guida alla vera libertà guidata ed ammaestrata dallo Spirito.

Riferimenti scritturali dalla liturgia del giorno: Gal 5, 18-25; Lc 11,42-46