Newsletter n. 6/23 – Se vedessimo con gli occhi di Dio

All’inizio della Bibbia c’è la creazione nella sua progressione. È il capitolo 1 del libro della Genesi. Per sei volte è ripetuto che la creazione “era cosa buona”, e una volta che “era cosa molto buona”: così gli occhi di Dio hanno giudicato quello che aveva fatto. In quel “buono” è compreso tutto il significato e l’ampiezza di questo aggettivo, che quindi significa contemporaneamente anche “bello”. Dio “fa scrivere” questa parola non per sé stesso – sarebbe vanità, impossibile a Lui – ma per noi; il fine è che l’uomo, se non arriva a comprendere la stupefacente bellezza del creato con la ragione, la possa conoscere direttamente dal giudizio di Colui che ha fatto ogni cosa. Nella creazione, in tutta la creazione, l’invito Divino è di vedere una varietà di bellezza sconfinata. Scoperto questo l’uomo avrebbe potuto considerare, per ovvia analogia, quanto dovesse essere bello e buono il Creatore stesso di questa smisurata bellezza. A quanti hanno riflettuto sulla creazione, considerarLo la Bellezza e la Bontà stessa, è apparso ovvio; che Lui fosse – ed è – Bellezza ancora superiore, infinitamente superiore, è la logica conclusione. Anzi, esaminando bene la questione appare evidente che Lui doveva essere la bellezza stessa, o, per dirla coi teologi, “bellezza in sé sussistente”.

Sappiamo però che la bellezza creata è stata profondamente segnata dalle creature razionali (angeli e uomini): pur restando, è stata offuscata, sfregiata, corrotta dal peccato. Nella creazione è apparsa quindi la bruttezza, l’orrido, l’orrendo, nelle loro infinite gradazioni. Da allora “bello” e “buono” convivono con “brutto” e “cattivo”. A noi uomini è dato di osservare solo l’aspetto esteriore delle cose, e così il giudizio di bello e buono, a volte, si ferma a un livello superficiale. Per il Signore tutto questo è completamente diverso: Lui vede ogni cosa fin dal suo apparire e dal suo degenerarsi, e sia a livello fisico che a livello razionale e spirituale. Accade però che a qualcuno dei suoi servi Dio manifesti come vede le cose Lui stesso, e in particolare lo stato delle anime, la loro bellezza e la loro bruttezza. Così si spiega questo brano scritto da Maria Valtorta.

“Ubbidisco ad un ordine superiore e torno a scrivere quello che ieri avevo distrutto per tema che andasse in altre mani che non siano le sue. […] Da qualche tempo e sempre più chiaramente vedo con una vista spirituale il “vero” aspetto di chi avvicino. Non di tutti: di quelli che Dio vuole che io veda. Così G. B. [suo cugino Giuseppe Belfanti] mi appare con aspetto di demonio. Mentre se guardo sua moglie vedo come un solo pezzo di carne: buona ma semplicemente carne priva d’anima, o meglio con un’anima avvolta in un letargo quasi mortale, qui, guardando lui, vedo affiorare da sopra la sua fisionomia un altro aspetto. Si alterano tutti i tratti del volto. Diviene una maschera rossa, gonfia, ripugnante. Un misto di lussuria e ferocia, un volto da demonio insomma, in cui predomina lussuria prepotenza e superbia. […] Mi ripugna. Devo torcere lo sguardo. Devo fare sforzo per esser secolui come con gli altri. Questa sensazione, benché meno netta perché allora era ripugnanza solamente spirituale, l’avevo anche tempo fa, quando ancora eravamo in semplice unione epistolare, e più viva quando fu mio ospite. Ma ora è anche sensoria perché i cinque sensi ne provano urto. Non so se mi spiego bene. Come mi costa non dirgli il nome che gli leggo in fronte sulla maschera sensuale che diviene il suo volto! Come ho dovuto faticare per trattenere quel nome lunedì 3 c.m. quando ero così fuori di me!” (Qi 2006 p. 18). 

Giuseppe Belfanti era apertamente spiritista e medium. Aveva anche il desidero nient’affatto nascosto di convertire a questa idea Maria Valtorta. Lo scontro fu gentile, ma netto e frontale e, per la cronaca, vinse lei. In questo scritto descrive con dolore questi volti terribili: lei mediocre cattolica, lui un mostro spirituale. È indubbio che dovremmo prendere atto che il vivere morale e spirituale degli uomini si manifesta anche sui nostri volti spirituali, e per chi “vede” con gli occhi di Dio la conclusione è quella osservata da Maria Valtorta. Difficile accettarlo? Se ci serviamo solo delle dimensioni di questo mondo, e cioè di quello che mostrano le fotografie e la psicologia, certamente andrebbe rifiutato, ma c’è anche la vita dello spirito e questa ci fa vedere le cose in profondità, fino alla loro radice. E qui appaiono i mostri. Il ritratto di Dorian Grey – romanzo capolavoro di Oscar Wilde – fa fantasiosamente rivivere la storia di un giovane progressivamente corrotto fino agli estremi e del ritratto che, mutando via via come la persona dipinta, mostra la sua perversione sempre più orrenda. Se in Goethe è fantasia, in Maria Valtorta è realtà. Lei ha scritto per comando superiore, per dirci che questa verità è universale, riguarda tutti gli uomini.

Vizi e virtù agiscono sempre sull’anima: un vizio segna l’anima, la sporca, la spinge a perdere l’armonia che il Creatore le aveva dato; deforma l’anima accrescendola o riducendola e finendo per trasformarla in una alterazione inesistente in natura. Solo a volte e in certi modi, poi, si mostrano anche nei corpi, com’è tipico negli alcolisti o nei drogati: il vizio sporca e deforma, cambia perfino l’odore del corpo e spinge a mutare chi lo possiede e tutto quello con cui viene in contatto. Angeli e demoni sono già presenti in questo mondo e chi ha occhi per vedere non può che constatare la verità di quanto descritto da Maria Valtorta. Lei lo ha avuto in dono – anche se non con una presenza continua – perché ogni suo lettore possa prenderne atto. 

Di fronte a questa rivelazione personale, come si è comportata Maria Valtorta? Questo tema è molto importante sia per la sua umiltà-santità personale sia per il suo rapporto con le persone oggetto di queste “visioni”. Come si è comportata tra giugno e ottobre 1944? Meglio di prima! Perché non ha disprezzato, ma ha aiutato con le sue visioni e con le parole dei dettati. Mai rassegnata alla sconfitta; sempre a moltiplicare preghiere e fioretti per loro. Tutto questo ha santificato Maria Valtorta, che – non dimentichiamolo – fra il 9 aprile e il 9 maggio dello stesso 1944 aveva vissuto la tremenda “notte dello spirito”, da cui era uscita, a dire di padre Migliorini, molto più buona.

C’è un’altra cosa da sottolineare: in Maria Valtorta il volto spirituale trasformato in una deformità demoniaca è mostrato grazie a un dono mistico particolare, ma non dobbiamo dimenticare che è una verità conosciuta da tutti i popoli e sperimentata in modi diversi. La storia evangelica dei demòni entrati nei porci, ad esempio (cfr. Lc 8,32ss), non è solo sono un fatto, ma anche un’indicazione di quanto succede a chi si dà ai vizi. Persino nella pagana Odissea, piena di miti che però a volte svelano verità eterne, i compagni di Ulisse sono trasformati in maiali dalla maga Circe; questo racconto mitologico indica, di fatto, la stessa cosa: chi manca di prudenza e si immerge nei vizi si trasforma in un non-uomo, deforme e ripugnate.

Affidiamoci alla Divina Misericordia perché aiuti tutti a diventare “belli e buoni” per mezzo della Grazia di Dio, cioè del suo trasparire in noi.