“Dica all’Autore che spiani le difficoltà”
Mons. Carinci era un uomo influente in Vaticano e molto importante per Maria Valtorta: “Nasce a Roma il 9 novembre 1862, regnando Pio IX. Sacerdote dal 1885, diventa Cerimoniere di Leone XIII ed è un confidente del successore Pio X. Dal 1911 al 1930 è il Rettore dell’Almo Collegio Capranica in Roma. Dal 1930 al 1960 è il Segretario della Sacra Congregazione dei Riti, che in futuro si chiamerà Congregazione delle Cause dei Santi. Per aver rinunciato più di una volta al cardinalato, nel 1945, all’età di 83 anni, viene eletto Arcivescovo titolare di Seleucia di Isauria. All’apertura del Concilio Vaticano II, nel 1962, è festeggiato come il più vecchio Vescovo del mondo. Senza aver mai perduto la lucidità di mente, muore all’età di 101 anni, il 6 dicembre 1963” (Cfr “Lettere a Mons. Carinci”, p. 13).
Visitò Maria Valtorta nella sua stanza di Viareggio, credendole, diventando suo “devoto”, e scambiando diverse lettere raccolte poi nell’epistolario “Lettere a Maria Valtorta”, edito dal Centro Editoriale Valtortiano nel 2006.
Era importante proprio perché viveva in Vaticano, accanto al Papa, Segretario di una Congregazione Vaticana – equivalente a un ministro dello Stato italiano –, responsabile del discernimento sulla santità di una persona. Insomma “una briscola” da giocarsi bene per ottenere i due risultati che Maria Valtorta cercava fortemente: l’approvazione ecclesiastica dei suoi scritti e la loro pubblicazione. Data la mole degli scritti, l’impegno finanziario sarebbe comunque stato – ieri più di oggi – oltremodo gravoso ,e impossibile a lei. Maria Valtorta aveva già scritto più volte a mons. Carinci mostrandogli le ingiuste difficoltà sollevate da molti, in Vaticano e fuori da esso. Mons. Carinci le rispose sempre in maniera quasi telegrafica, e l’ultima volta aveva usato un argomento apparentemente tranchant: “Dica all’Autore che spiani le difficoltà. Tocca all’Autore”. Come dire: se è Gesù che vuole l’approvazione e la stampa degli scritti in maniera così chiara, ebbene risolva Lui i problemi. Dalla sua cattedra mons. Carinci aveva già molte volte notato questa modalità d’azione del Cielo, e per questo la proponeva, forse provocatoriamente, anche a lei. A noi basti ricordare, ad esempio, come erano state risolte dal Cielo le gravissime accuse contro san Pio da Pietrelcina.
Il 24 luglio 1950 Maria Valtorta rispondeva a Carinci dandogli degli argomenti – profezie realizzate – che dimostravano come gli scritti venissero dal Cielo e non dalla sua fantasia; in altre parole, sarebbe bastato discernere bene per capirlo. Ma nella risposta di Maria Valtorta c’è qualcosa di sorprendente:
“Sin dal principio degli scritti, ossia nei primi mesi del 1943, il Divino Autore insieme a diverse predizioni, ora compiutesi […] disse che dava questi scritti per combattere le dottrine anti-cristiane che dopo la guerra si sarebbero diffuse sul mondo preparando le vie all’avvento del comunismo, alla persecuzione religiosa e alla libertà di pensiero che lo stesso Dio rispetta nell’uomo, e per aiutare gli uomini a subire le prove tremende di future guerre, ancor più micidiali, senza che muoiano disperando”. (Lettera a M.C. pp. 90-91). Il brano continua con il racconto di altre profezie da lei comunicare e realizzate.
Maria Valtorta, come anticipato, si serve anzitutto della prova più ovvia: un argomento assolutamente buono e utile per il semplice motivo che il futuro libero – non obbligato da nulla – solo Dio può saperlo e rivelarlo; né gli angeli né i demòni possono conoscerlo; gli uomini possono parzialmente “indovinarlo. Certo in quegli anni le discussioni erano tantissime, e le previsioni diversissime. Se poi qualcuno aveva auspicato che le cosa andassero come si sono effettivamente svolte, questo dipendeva esclusivamente dai propri desideri o da qualche ragionamento umano: mai avrebbero potuto avere la certezza che si realizzassero come alla fine accaduto. Tutti, cioè, erano giustamente preda solo dalla speranza umana.
Ciò che rende la risposta di Maria Valtorta oltremodo importante è invece quello che lei omette, cioè tutta la parte scientifica che i suoi scritti contengono. Perché tralascia questa importantissima parte? Perché nessuno sospettava questo tesoro scientifico, che lei stessa non conosceva.
Questa omissione eloquente rivela a noi oggi qual era allora lo stato di comprensione degli scritti: lo stesso padre Berti doveva aver intuito qualcosa, ma non aveva mai esplorato in questo senso i testi. Il grande commento che lui farà, sia al “Poema dell’Uomo-Dio” (dalla seconda edizione in poi e fino al 1993) sia al “Libro di Azaria” (prima edizione perché poi venne ingiustamente scartato e omesso), riguardava solo la teologia. D’altra parte lui era docente di questa materia e qui poteva applicare bene le sue conoscenze.
Ma ancora nel luglio 1950 nessuno si era reso conto dello spessore scientifico dei testi Valtortiani; neanche la stessa Maria Valtorta era cosciente di quanto di scientifico aveva scritto. Padre Migliorini, i padri Gesuiti che usavano il pendolino per capire la qualità degli scritti, i vari medici venuti al suo capezzale, nessuno aveva compreso. Neanche chi arrivò in seguito, specialisti di scienza medianica (spiritista), prof. Luciano Raffaele e prof. Nicola Pende, valente endocrinologo (ma spiritista e, purtroppo razzista). Tutti, compreso mons. Carinci, erano preoccupati di mostrare la santità di Maria Valtorta, la bellezza letteraria dei suoi scritti, la valenza devozionista e la personale esperienza spirituale, ma niente di più. A rileggerli oggi, cioè dopo il 2012, sembrano tutti dei ciechi. Neppure Padre Gabriele Roschini esce dallo schema della santità: sottolinea l’ortodossia – come poi il beato padre Allegra – ma niente di più. Neanche si sono domandati come avesse potuto scrivere l’Opera in tre anni e quattro mesi senza mai sbagliarsi, ecc. ecc. Ai loro occhi sembrava tutto ovvio e scontato.
L’ing. Lavère avrà l’onore di aver scoperchiato il velo; è stato il primo ad indagare i percorsi scientifici che si potevano studiare, enumerandone almeno 90 divisi in 16 categorie: un elenco che riempie due pagine (cfr “L’enigma Valtorta“, pp. 41-42): un’enormità! Sbalordisce tutte le volte che si legge.
Prima, nessuno aveva capito, né tentato di capire. Forse pensavano a un’invenzione, a una fantasia di Maria Valtorta. Chissà quanti errori, svarioni storici, invenzioni e contraddizioni pensavano che ci fossero. L’importante per loro era solo l’ortodossia e il devozionismo; perciò non si sono nemmeno presi la briga di controllare gli errori supposti. Si può addirittura sospettare che valutassero i testi utili, ma non veri, come se non fosse ammissibile che una donna senza cultura teologica, mancante di tanta cultura in materie laiche, non commettesse mai errori. E, peggio ancora, neanche ci furono ricerche in questo senso, come se non valesse la pena di indagare. Ciò che sembra importasse loro era – solo – l’ortodossia cattolica: tema imprescindibile, ansia legittima, ma limitata e limitante.
Invece, invece, invece… il Cielo era sceso nella sua stanza e aveva dato un dono strabiliante all’umanità.
Ora ne siamo coscienti. A noi l’onore e l’onere di sostenere Maria Valtorta e i suoi doni, in primis un’approfondita conoscenza umana e divina di Gesù, perché chi cerca il volto di Dio possa incontrare attraverso gli scritti Valtortiani lo stesso Gesù e attraverso Lui il vero volto di Dio e la via al Cielo eterno.