1 – La santificazione del lavoro

Il lavoro manuale, considerato dall’antichità classica opus servile, “lavoro da schiavi”, ha ricevuto la sua “consacrazione” dalla tradizione giudaico-cristiana. Già nell’Antico Testamento, che pure ammetteva, con non trascurabili limitazioni, la schiavitù (cfr. Deuteronomio, 15, 12-19), troviamo il Salmo 127, che al v. 2 dice: «Della fatica delle tue mani ti nutrirai, / sarai felice e avrai ogni bene». Ai tempi del Nuovo Testamento, vivere del lavoro delle proprie mani era diventato addirittura un “obbligo morale” per i Farisei — l’ex-fariseo Saul di Tarso continuò ad esercitare il mestiere di tessitore anche dopo essere diventato l’apostolo Paolo — e quello dei piccoli artigiani era diventato il “ceto medio” degli ebrei di Terrasanta, un ceto a cui apparteneva anche la famiglia di San Giuseppe. Anche nel mondo greco-romano il lavoro manuale conosceva, oltre al lavoro degli schiavi, quello dei liberi artigiani, organizzati in collegia, o corporazioni. Ben presto nacquero anche corporazioni cristiane; di una di queste c’è una “traccia” in una delle catacombe romane: la presenza, all’inizio di un cunicolo, di una targa di marmo raffigurante una coscia di maiale con sotto la scritta PERNA (prosciutto). In quel cunicolo c’era il cimitero della corporazione dei salumieri cristiani. Queste corporazioni cristiane sopravvissero in qualche modo alla caduta dell’Impero Romano, e da esse si può pensare che siano nate — ci sia stata o no una continuità nel tempo — le più note corporazioni medievali, che avevano, ovviamente, ciascuna il suo santo patrono, e si riunivano spesso nelle chiese; questo fatto può meravigliare gli uomini d’oggi, ma, nei “secoli della Fede”, vita civile e vita religiosa erano strettamente collegate. Una prova di questo si può vedere dallo sviluppo cronologico delle corporazioni di mestiere lucchesi: come si può leggere in un opuscoletto scritto, nella seconda metà del XIX secolo, dal canonico lucchese mons. Almerico Guerra (Delle antiche società religiose degli operai lucchesi, cenni storici pel sacerdote Almerico Guerra, Tipografia Giusti, Lucca 1873), più si risale indietro nel tempo, e più diventa difficile distinguere fra pure associazioni professionali e confraternite religiose di persone esercitanti lo stesso mestiere. Così vediamo che l’associazione lucchese dei fornai, esclusivamente professionale, si riuniva, nel 1376, nell’allora esistente chiesa di S. Donato, così come quella, analoga, dei caciaioli si riuniva, sempre nel XIV secolo, nella chiesa di Santa Maria del Corso. Il declino della libera organizzazione corporativa del lavoro nel periodo che lo storico olandese Johan Huizinga chiamò “L’autunno del Medio Evo” e la successiva rivitalizzazione dell’associazionismo laicale cattolico, promossa dalla Contro-Riforma, favorì l’affermarsi delle seconde. Un esempio di questo si può vedere nelle vicende di un’altra arte, quella dei macellai. Dalle cronache dell’epoca risulta che nel 1386 la Universitas artis macellarie si riuniva nel chiostro del monastero di S. Ponziano, pur essendo una semplice corporazione di mestiere. Più tardi, invece, nel 1562, troviamo la Compagnia de’ Macellatoristrutturata come una vera e propria confraternita religiosa. Uno sviluppo analogo si trova nella Matricola de’ pizzicaruoli, vale a dire dei pizzicagnoli: negli statuti del 1674 appariva ancora come una pura associazione professionale, anche se l’appartenenza comportava alcune pratiche religiose, come era ancora normale; più tardi, invece, si trasformò, col nome di Compagnia della Concezione de’ Pizzicaruoli, in una vera confraternita religiosa, posta sotto il patronato dell’Immacolata Concezione di Maria SS.ma, che a Lucca è stata venerata con questo titolo molto prima della proclamazione del dogma da parte del beato Pio IX. La corporazione dei lanaioli, chiamata Congregatio magistrorum artis lanae, nel 1393 si riuniva nella chiesa di S. Michele in Foro, pur essendo esclusivamente professionale; nel 1562, invece, fu eretta una fraternita religiosa di filatori, posta sotto la protezione di S. Michele Arcangelo. Nel 1575 risulta esistente la confraternita religiosa detta di S. Pietro in Vincoli de’ setaioli o siricaioli, i cui capitoli furono approvati nel 1592 dal Vicario Generale dell’allora vescovo di Lucca. Analoghe trasformazioni subirono, nel corso dei secoli le compagnie dei tintori, dei tessitori, dei calzolai, dei parrucchieri e dei barbieri. Si sa pochissimo della Confraternita di S. Eligio degli Orefici, che si riuniva inizialmente nella chiesa di S. Pietro Maggiore, e, dopo la sua distruzione in epoca napoleonica, in quella del Carmine, oggi anch’essa sconsacrata. Nel 1345 risulta esistente un collegio dei monetieri, col doppio aspetto professionale e religioso, come era normale nel XIV secolo; similmente, nel secolo precedente, e più esattamente nel 1279, quello dei battiloro, ossia dei laminatori d’oro, la Universitas artis battitorum auri, si riuniva, coi suoi capitani e consiglieri, nella chiesa di S. Salvatore in muro, oggi S. Agostino. Un’altra associazione mista, ossia religiosa e civile allo stesso tempo, era la Università de’ Maniscalchi, i cui capitoli erano stati approvati dal signore di Lucca Paolo Guinigi nel 1409, approvazione rinnovata anche nei secoli successivi, mantenendo sempre la stessa duplice caratteristica. Aveva anch’essa come patrono S. Eligio, e si riuniva nella chiesa, distrutta in epoca napoleonica, di S. Maria in Palazzo, detta anche di Sant’Alò, come era chiamato volgarmente il santo patrono; di questa associazione facevano parte anche i sensali di cavalli, o Marossieri. Anche la compagnia dei facchini di piazza fu eretta, nel 1507, in una vera e propria confraternita religiosa, la Compagnia della Natività di Maria Santissima, detta di piazza, che si riuniva inizialmente in S. Michele, per spostarsi in séguito in diverse altre chiese; molto significativa era la sua partecipazione a diverse cerimonie religiose in onore della Vergine. Anche all’interno delle forze armate della Repubblica di Lucca si osserva il passaggio dalla semplice devozione, all’interno di ciascun corpo militare, al proprio santo patrono, alla costituzione di vere e proprie confraternite religiose di militari. Si ricordano, fra queste: la Compagnia de’ bombardieri, ossia degli artiglieri, già esistente nel 1558, che si riuniva prima nella chiesa di S. Girolamo, poi in quella di S. Anastasio, dove si celebrava anche la festa di S. Barbara, loro patrona; quella de’ soldati delle mura, addetti alla sorveglianza sulle mura urbane, dove stazionavano di notte nelle casermette; quella de’ soldati delle porte, che facevano la guardia alle porte della città, posta sotto la protezione della SS. Vergine e di S. Romano soldato e martire. Queste compagnie curavano soprattutto l’assistenza, spirituale ma anche materiale, ai soldati ed alle loro famiglie. Dell’associazione de’ parrucchieri si sa solo che aveva come patrono S. Luigi Re di Francia; quella de’ barbieri, esistente almeno dalla metà del XIV secolo, aveva un carattere principalmente professionale, ma, oltre a venerare come patrona S. Apollonia martire, prevedeva, nei suoi statuti, la partecipazione a numerose cerimonie religiose, che si svolgevano in città. Anche le arti liberali, come gli avvocati, i notari, i medici, i farmacisti e i musicisti ebbero le loro confraternite religiose, anche queste sviluppatesi dalle rispettive corporazioni medievali.

La maggiore corporazione della Lucca medievale, allo stesso tempo professionale e religiosa, fu la Compagnia di S. Bartolomeo delle sette arti. La sua esistenza è documentata fin dal 1194; aveva come patrono S. Bartolomeo apostolo, e si riuniva nella chiesa antica, oggi sconsacrata, di S. Bartolomeo in Silice, chiamata più tardi di S. Ponziano, nella piazza omonima. I suoi statuti, o Capitoli, riformati più volte nel corso dei secoli, riunivano, sotto il patrocinio del santo, i maestri di queste sette arti: i fabbri ferrai, i falegnami, divisi in arte grossa ed arte fine, i muratori, gli scalpellini, i carpentieri e i copri-tetti. Fra le opere di devozione compiute da questa compagnia, va ricordata la processione, che si svolgeva la mattina della festa di S. Bartolomeo, a cui tutti i confratelli dovevano partecipare, tenendo ciascuno un cero in mano; la compagnia curava anche il funerale e le preghiere di suffragio dei confratelli defunti. Nel 1808 Elisa Bonaparte e suo marito Felice Baciocchi, divenuti principi di Lucca tre anni prima, soppressero la confraternita, in applicazione delle leggi napoleoniche in materia; ma nel 1608 si era costituita una confraternita religiosa dei soli artigiani del legno, dedicata al patrono dell’arte, S. Giuseppe Sposo di Maria Vergine, e chiamata Compagnia di S. Giuseppe de’ fallegnami. Questa merita qualche parola in più, perché, a differenza di altre confraternite soppresse nel 1808, dopo la Restaurazione, nel 1817, si ricostituì ed è sopravvissuta fino ai giorni nostri, col nome di Confraternita dei Legnaioli. Dopo la sua ricostituzione ebbe come nuova sede la chiesetta di S. Benedetto in Gottella, in piazza Bernardini, dato che la sua sede originaria, l’oratorio di S. Giuseppe alla Scala, nell’odierna piazza XX Settembre, era stata demolita nel 1810; S. Benedetto in Gottella è ancor oggi la sede della confraternita. Riporto qui la storia più recente della confraternita, come si può leggere sul sito della medesima, <http://www.confraternitadeilegnaioli.it/storia>.

«Fino agli anni settanta la confraternita è stata amministrata da un Consiglio di confratelli della nostra città. I nuovi consiglieri hanno portato aventi con rinnovato vigore l’operato della confraternita impegnandosi nel restauro della Chiesa di San Benedetto in Gottella che era in condizioni di semiabbandono.

L’impegno prioritario è stato quello di rifare il tetto della nostra sede e subito dopo la messa a norma dell’impianto elettrico, imbiancare l’interno e tanti altri lavori necessari, tutto questo è stato possibile grazie all’aiuto finanziario dei confratelli, di Banche, Enti locali e Associazioni.

La Confraternita è in possesso dello Statuto originale “stampato” al momento della sua fondazione, avvero nel 1608, di questo prezioso documento nel 1987 è stata fatta la ristampa anastatica numerando ciascuna copia dalla prima fino alla millesima.

Tutti gli anni, durante le festività natalizie nella sede viene allestito un caratteristico presepe aperto al pubblico. Le offerte raccolte in quella occasione vengono devolute in beneficenza. Di recente sono state realizzate alcune mostre di presepi in miniature come sono state organizzate altre manifestazioni finalizzate a motivi umanitari e culturali.

Proprio in questi ultimi anni si è voluto ripristinare l’antica usanza di indossare – come da statuto – la cappa turchina nel corso di alcune funzioni e processioni cittadine.

Tra le attività e gli obiettivi futuri della Confraternita – oltre alla Beneficenza – si prevede di effettuare una serie di restauri necessari al miglioramento dell’antica sede.».

Questa confraternita è un po’ un’eccezione nel panorama odierno del mondo del lavoro, anche se, da quel che si legge, le sue attività non differiscono molto da quelle di altre confraternite non legate ad una specifica professione, come la Misericordia, o la Confraternita del Preziosissimo Sangue. Anche le associazioni cattoliche “ufficiali” operanti nel mondo del lavoro, come ACLI e MCL, appaiono impegnate principalmente in attività che potremmo chiamare “para-sindacali”. Eppure, il tema della santificazione del lavoro dovrebbe essere, a nostro modesto parere, un fattore importante della nuova evangelizzazione, e, soprattutto, dell’apostolato dei laici; quindi, l’iniziativa di promuoverlo nuovamente, sarebbe opportuno che partisse proprio dal laicato; senza aspettare, con tutto il rispetto per la Gerarchia, “l’imbeccata del clero”.

Giulio Dante Guerra