• LA VITA DI MARIA VALTORTA

    La vita della mistica cattolica che scrisse straordinarie opere evangeliche

La Persona

“Offrirsi all’Amore vuol dire offrirsi al Dolore. Ma è dolore il patire insieme a Cristo e il patire per il Cristo? No, esso è gioia, profondissima, inesausta gioia”

(Autobiografia, p. 229).

Nacque a Caserta, in Campania, da genitori lombardi. Il padre era un ufficiale di cavalleria e la famiglia Valtorta traslocò diverse volte in luoghi diversi, prima di stabilirsi definitivamente a Viareggio.

Crebbe in una condizione familiare piccolo borghese che, tuttavia, permise alla giovane Maria di frequentare il prestigioso Collegio “Bianconi” di Monza, dove ricevette un’educazione classica, segnalandosi per l’eccellente padronanza della lingua italiana. Fino all’ottobre 1943 la sua vita fu segnata dall’oppressione della madre Iside che la rifiutava perché avrebbe voluto un maschio. Fu lei che brigò talmente che infranse il suo sogno di sposarsi. Nel 1920, subì una aggressione da parte di un giovane violento figlio della sarta di sua madre. La colpì sferrando un forte colpo sul basso schiena con una spranga di ferro. Le lesionò gravemente la spina dorsale e questo fu l’inizio di un interminabile calvario medico che, nel 1934, la vide infine costretta a letto, semiparalizzata dalla vita in giù.

Le difficoltà crebbero anno dopo anno, ma questo non impedì a Maria di leggere molto e di tutto. A Viareggio, nella sua parrocchia, divenne delegata dell’Azione Cattolica finché le sue forze glielo permisero. La lettura dell’autobiografia di Teresa di Lisieux, “Storia di un’anima”, fece maturare in lei ciò che era già presente e cioè la decisione di offrirsi come vittima: prima alla misericordia Divina e, qualche anno dopo, alla Giustizia Divina per la salvezza delle anime e del mondo.

Maria Valtorta ormai bloccata a letto pensò di aiutare la famiglia scrivendo un romanzo a sfondo autobiografico, “Il cuore di una donna”, che, tuttavia, non pubblicò mai, anzi negli anni successivi volle fosse bruciato per impedire paralleli con quello che aveva scritto quando il Cielo entrò nella sua stanza.

Il 1943 fu per lei un anno particolarmente importante. Anzitutto incontrò il sacerdote servita, padre Romualdo Maria Migliorini, ex-Missionario destinato a governare il convento di Viareggio che divenne il suo primo direttore spirituale. Padre Migliorini saputa la sua storia le chiese di scrivere la propria autobiografia. All’inizio si schernì, poi preso coraggio, in un mese mezzo, febbraio-marzo 1943, la scrisse così come oggi la possiamo leggere stampata.

Ma ciò che cambierà completamente la sua vita accadrà il 23 aprile 1943, venerdì santo, alle ore 11,15 circa. Sente nel cuore la Voce di Gesù – così si presenta – che la induce a scrivere. È la sua prima locuzione. Il Cielo si aprì, lei lo accolse e ne è venuta un’opera straordinaria. Padre Migliorini la inviterà a scrivere ogni cosa e lei lo farà con estrema diligenza. A questo primo dettato ne seguiranno tantissimi altri. Poi seguiranno le visioni. in tutto scrisse 122 quaderni per un totale di 13193 pagine. Tutte scritte di getto, senza correzioni, aggiunte o revisioni. Insieme a queste uno sterminato epistolario ancor oggi non tutto ancora pubblicato. Temporalmente la scrittura continua fino al 1951, ma il vertice è tra gli anni 1944-1947.

Il quadro degli accadimenti non sarebbe completo se fosse tralasciata la guerra e il dopo-guerra. Dalla Sicilia gli Alleati lentamente risalirono la Penisola e l’ultimo fronte tedesco fu quella linea che partendo da Viareggio e attraversando l’Italia arrivava tra Pesaro e Urbino. Fu chiamata Linea Gotica o Linea verde. Così ci furono bombardamenti dal mare e dal cielo, scontri, cannonate, rastrellamenti e stragi. Così fino all’aprile 1945 quando finalmente gli Atleti riuscirono a passare. E la guerra fini li. Intanto tra l’aprile e il dicembre 1944 tutta Viareggio sfollò e anche Maria Valtorta si rifugiò a Sant’Andrea di Compito nella Lucchesia verso Capannori.

Il 1943 è per lei essenzialmente un tempo di preparazione in tutti i sensi. Compreso quello di poter scrivere lungamente. Prima i dettati sono discontinui senza una cadenza regolare, poi dal mese di giugno 1943 sono quotidiani. Fino a dicembre è solo Gesù che parla con lei poi arriverà Maria Santissima e successivamente il Padre celeste e alcuni santi. A seconda della persona lo stile cambia. Col gennaio 1944 (il giorno 16) arriveranno a lei anche le visioni. Maria Valtorta partecipa, vive, è presente agli avvenimenti della vita di Gesù. Suo compito è quello di descrivere persone, dialoghi, ambienti in completa libertà. In altre parole, vede, osserva, ascolta e percepisce temperatura ecc. dei vari episodi.

Maria Valtorta non scriveva stenograficamente, ma normalmente, in corsivo. In ogni caso i quaderni scritti non erano leggibili a tutti. Probabilmente a Padre Migliorini venne l’idea di dattilografarli. Maria Valtorta accettò questa idea. Oggi sappiamo che fu un’idea disastrosa. Se tutto fosse rimasto corsivo fino alla stampa nulla sarebbe accaduto. Ma una volta battuti a macchina erano alla portata di chiunque, trasmissibili a chiunque. Il comando severo dato dal Cielo di non far conoscere chi era la scrittrice, fu presto dimenticato e i fogli dattilografati, pochi e molti, cominciarono a circolare fino ad arrivare al Sant’Uffizio. Così iniziò una guerra fra chi voleva stampare l’Opera e chi voleva far cessare ogni cosa, fra chi la voleva approvata dalla competente autorità e chi faceva ogni sforzo per impedirlo.

I dattiloscritti, in raccolte diverse, si sparsero un po’ ovunque fino ad arrivare sulla scrivania di papa Pio XII. Lui aveva certamente molta capacità di discernimento, sia teologico che mistico. Aveva cioè sia le conoscenze di teologia sia l’esperienza mistica, per capire il dono ricevuto da Maria Valtorta. Tuttavia tutti, lui compreso, a quel tempo, nessuno pensò di analizzare scientificamente i contenuti dell’Opera. Pio XII ricevette in udienza padre Romualdo Migliorini, padre Corrado Berti e il loro superiore, padre Andrea Cecchin, il 26 febbraio 1948. In questa occasione espresse un giudizio semplice e benevolo: “Pubblicatela così come è”. Chiesto ancora da parte dei presenti di poter aggiungere qualche parola che spiegasse l’origine soprannaturale, diede il suo parere negativo aggiungendo: “Chi legge quest’opera capirà”. Purtroppo non ci sono resoconti ufficiali dell’incontro, neppure un promemoria di quanto accaduto, salvo che lo abbia fatto padre Berti, ma il suo archivio è al momento irraggiungibile.
Le critiche continuarono duramente con una serie di cavilli di per sé senza valore. Quello più curioso è che i testi erano “poco edificanti” per delle eventuali colleggiali che lo avessero letto.

Va detto che l’opera ha subito inoltre approfondite analisi da parte di molti eminenti teologi cattolici i quali dichiararono unanimemente che questa era assolutamente conforme alla ortodossia cattolica.

I quaderni si aggiungevano a quaderni e alla fine raggiunsero il numero di 122, cioè 13193 pagine di cui circa 8500 dell’Opera maggiore. A questi bisogna infatti aggiungere i quattro libri di dettati: I quaderni del 1943, I quaderni del 1944, I Quaderni del 1945-50, Quadernetti.

L’idea di stampare quello che oggi si chiama “L’Evangelo come mi è stato rivelato” venne fin da subito. Il problema era trovare un editore disposto ad affrontare un tale impegno finanziario. Dopo vari tentativi Padre Berti incontrò Michele Pisani di Isola del Liri (Frosinone) che già era tipografo operante in Vaticano. Serviva anche l’approvazione ecclesiastica, ma avrebbe dovuto farlo direttamente la Santa Sede o il Vescovo del luogo dove i libri erano editi, cioè Frosinone. Nessuno di loro lo fece e quello avuto dal un vescovo fuori Europa non aveva alcun valore giuridico. Vinte le resistenze di Maria Valtorta che voleva anche un riconoscimento della Chiesa, ma non fu mai raggiunto, si procedette alla stampa della prima edizione. In fretta (ma non troppa) si presero i dattiloscritti già pronti e si procedette. Il titolo suggerito dal Cielo era “Parole di Vita”, ma fu rifiutato probabilmente perché ritenuto troppo generico o forse già in uso. Allora si ripiegò sul titolo suggerito dal prof. Nicola Pende. Questo esimio professore ai suoi tempi era valente endocrinologo di fama mondiale, ma purtroppo spiritista, seguace di tesi medianiche, e razzista biologico. Il primo nome suggerito e inspiegabilmente accettato da tutti fu: “Il Poema di Gesù”. Non fu però usato perché era già servito per un altro testo in circolazione. Il secondo suggerimento sempre dal prof Nicola Pende fu: “Il Poema dell’Uomo-Dio”. Come sappiamo tutti lo accettarono e rimase in uso fino al 1993.

Raccolti tutti i dattiloscritti  fatti da padre Migliorini e da Marta Diciotti vennero collazionati alla bene e meglio, scartando incongruenze ed errori di battitura o incomprensioni del testo, e a partire dal 1956 furono pubblicati quattro volumi contenenti però solo l’opera maggiore, cioè la vita di Gesù.

Il quarto volume fu messo in circolazione verso la fine del 1959 e, senza più la protezione di Pio XII morto l’anno prima, tutta l’opera fu messa all’Indice dei libri proibiti. Come al solito nessuna motivazione. Tuttavia un articolo anonimo del 6 gennaio 1960 definiva i quattro volumi: “una vita di Gesù malamente romanzata”. Oggi sappiamo che questo giudizio fu radicalmente sbagliato perché l’Opera maggiore di lei è un racconto di fatti storici veri e da tutti controllabili. Maria Valtorta non ha né sognato né inventato né fantasticato nulla. Tutti i fatti raccontati sono scientificamente verificabili.

In quegli anni – 1956/1961 – Maria Valtorta era assente da questo mondo. Al di la delle ipotesi mediche, quanto le era stato promesso nel 1947 si era alla fine realizzato. Le era stato chiesto dal Cielo di offrigli il sacrificio dell’intelligenza e lei lo aveva accettato.  Così, misticamente, poco alla volta, si assentò dal mondo.

Quando Marta Diciotti in lacrime le comunicò la condanna, lei non si scompose. Come riferirono i presenti: a Marta Diciotti che le gettava sul letto l’Osservatore Romano con la notizia, lei, come risvegliandosi, rispose con un “lo sapevo già”, ovvio frutto di quell’offerta di sé ripetuta più volte nella sua vita.

Morì nel suo letto della casa di via Antonio Fratti 257 a Viareggio, il 12 ottobre 1961. Chiamato il sacerdote per l’estrema unzione (oggi unzione di malati) alle parole del rituale:  “Proficiscere, anima christiana, ex hoc mundo” (Parti, anima cristiana, da questo mondo), Maria Valtorta spirò.

Fu sepolta nel cimitero di Viareggio dove erano già posti anche i suoi genitori: Giuseppe e Iside, e li rimase per 10 anni.

Estumulata la salma nel 1973, i resti furono posti in un contenitore apposito e, inspiegabilmente, furono traslati a Firenze presso la Basilica della Santissima Annunziata e ancora oggi purtroppo li rimane.

A Viareggio resta la sua amatissima stanza all’interno della sua altrettanto amatissima piccola abitazione, restaurata due volte per mantenerla come casa-museo. Ovvia testimonianza della sua gioiosa immolazione a Cristo e di come il Cielo fu densamente presente in quella stanza.

Per un’approfondimento consigliamo: Don Ernesto Zucchini, il Cielo in una stanza, Fede e Cultura, Verona 2019.